Costa Concordia e la guerra tra i porti italiani per smantellarne il relitto

Si litigano un enorme rottame, un ammasso di ferro arrugginito. Sì, perché quello della Concordia è un rottame che vuol dire posti di lavoro (per il suo smantellamento) per almeno due anni. E di questi tempi non è poco. Così, come scrive oggi il Corriere della Sera, tra Piombino, Civitavecchia, Genova e La Spezia, i porti si contendono il relitto della nave da crociera, suo malgrado, più famosa degli ultimi tempi. Marco Imarisio racconta che fino a qualche settimana l'operazione sembrava decisa. "Piombino sembrava la candidata designata a vincere questa riffa basata sullo stato di necessità". Di motivi ce ne sono diversi: la vicinanza geografica al Giglia, la crisi degli stabilimenti siderurgici e del porto stesso, ma anche un mero discorso di compensazione economica nei confronti della Toscana. Toscana che ha pagato il danno ambientale ed economico della sciagura del gennaio 2012, Toscana che andrebbe quindi "risarcita" con posti di lavoro e finanziamenti. Ma quel relitto fa gola un po' a tutti. E così l'assegnazione a Piombino non è più cosa scontata. Il porto toscano è "costretto" ad un'operazione di riqualificazione dal costo di 160 milioni, che verrebbero stanziati dal Governo ufficialmente per una “area di crisi complessa” , come successo per Taranto:
L’accoglienza della nave più famosa del mondo comporta la costruzione di una diga foranea da 1.150 metri, lo scavo dei fondali per altri 11 metri di profondità, e la costruzione di due bretelle stradali. Tanto, forse troppo per rispettare il calendario che prevede la scomparsa della Concordia dalla vista dei gigliesi e degli italiani entro l’ottobre di quest’anno.
Fiutato l'affare, viene fuori anche un altro porto. Quello di Civitavecchia, che non è poi così distante dal Giglio, ma che a differenza di Piombino fa sapere di essere disposto a farsi carico dello smantellamento senza esigere un euro pubblico. “Lo smantellamento della nave in quel porto è uno sperpero milionario a carico dei contribuenti. Se avvenisse a Civitavecchia, l’operazione sarebbe di gran lunga più veloce ed economica, oltre a costituire una preziosa occasione per il territorio” avanza la Confederazione laziale della piccola e media industria. Ma, come detto, Civitavecchia non è sola. C'è anche Genova, La Spezia e qualche speranza la coltiva pure Palermo. Ma il governatore toscano Enrico Rossi non ci sta a fare la guerra: "Trovo incomprensibile e di cattivo gusto lo scatenamento in atto contro Piombino. I danni maggiori li abbiamo avuti noi, forse la crisi ha annebbiato la memoria a qualcuno”. Ci sarebbe anche un problema politico interno. Rossi deve gestire anche il fuoco amico, si fa per dire, quello dei renziani che contestano "gli altissimi costi" e la scelta, "di precisa natura politica", fatta da un governo dimissionario.
Per adesso, comunque, il gigante morto resta lì.