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Poste Italiane, i dipendenti: “Uffici presi d’assalto dai clienti, siamo carne da macello”

Una lavoratrice di Poste Italiane di un ufficio postale campano racconta a Fanpage.it: “Siamo diventati carne da macello per l’azienda. I dirigenti sono in smart working, noi siamo al lavoro ma non abbiamo guanti né gel o detergenti igienizzanti, non abbiamo sapone o carta. I clienti continuano a venire, senza alcun timore con sfacciata presunzione. Non sappiamo più cosa fare”.
A cura di Davide Falcioni
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C'è chi va allo sportello per pagare una bolletta, chi per effettuare un piccolo versamento, chi addirittura per saldare il conto della luce cimiteriale. Occorre un certo sforzo di fantasia per definire queste operazioni "di primaria necessità", come stabilito dal governo nel regolamentare le motivazioni che possono giustificare la violazione dell'ordine di stare a casa per contrastare l'espansione del coronavirus. Per questo i dipendenti di Poste Italiane stanno chiedendo a gran voce che vengano sospesi tutti i servizi dal momento che non sussistono le condizioni di sicurezza necessarie per svolgere il proprio lavoro: molti lavoratori degli uffici e degli sportelli infatti sarebbero ancora sprovvisti di mascherine e gel disinfettanti per le mani, e in alcuni casi persino del sapone nei bagni, per non parlare dell'impossibilità a mantenere le distanze di sicurezza sia con i colleghi che con gli utenti. Dal canto suo Poste Italiane ha stabilito regole "a tutela della salute dei propri lavoratori e di tutti i cittadini" contingentando le aperture pomeridiane degli Uffici aperti su doppio turno e di quelli aperti solo al mattino. In tutti gli Uffici, inoltre, sono state poste in essere delle linee di distanza dalle postazioni degli operatori. Ma ciò basta a garantire la sicurezza di utenti e lavoratori?

Dipendenti Poste Italiane: "Siamo alla mercé di dipendenti allo sbaraglio"

All'indomani della morte per coronavirus di due dipendenti di Poste Italiane in provincia di Bergamo una dipendente di un ufficio postale campano racconta a Fanpage.it: "Nonostante le sollecitazioni da parte dei sindacati noi lavoratori siamo ancora allo sbaraglio. Gettati nella mischia, siamo diventati carne da macello per l'azienda. La razionalizzazione del personale con conseguente chiusura di alcuni uffici ha interessato pochissimi. I dirigenti e gli impiegati di filiale sono tutti in smart working, i consulenti finanziari sono rientrati nella turnazione. Per noi uffici rimasti aperti nonostante la criticità del momento, non è prevista alcuna soluzione. Resteremo esposti agli sportelli fino alla fine della pandemia. Nel comune in cui lavoro c'è stato già un morto, lavoro con un collega che viene da un paese dove c'è un focolaio ed io stessa vivo in un comune con casi dichiarati di coronavirus. Non abbiamo guanti né gel o detergenti igienizzanti, non abbiamo sapone o carta. I clienti continuano a venire, senza alcun timore con sfacciata presunzione. Non sappiamo più cosa fare".

Un altro collega aggiunge: "Rivendichiamo il diritto alla salute per tutti quei lavoratori di Poste Italiane SPA che continuano a recarsi negli uffici in cui non è prevista chiusura alcuna. Fino ad oggi non ci sono disposizioni certe e l'azienda non si preoccupa di lasciare la maggioranza degli operatori postali alla mercé di una clientela allo sbaraglio. Se per i dirigenti e gli impiegati d'alto rango è iniziato lo smart working, per i consulenti finanziari la turnazione, al contrario gli operatori di sportello (lay-out o blindati) brancolano nel buio. Si procurano da soli gel igienizzanti, carta, alcool, sapone detergente, detergenti per le superfici, guanti, lavano mille volte quelle mascherine monouso che solo da qualche giorno, in seguito alle numerose diffide dei sindacati, direttori e operatori, sono state consegnate in ufficio, una per ciascun dipendente, quando ce ne ne sono per tutti, e che una basti per tutto il periodo dell'emergenza".

"Uffici postali troppo piccoli. Impossibile mantenere la distanza di sicurezza"

Il lavoratore Poste spiega: "Le imprese di pulizie entrano negli uffici solo per svuotare i cestini: non hanno mascherine e guanti, non hanno detergenti, carta o sapone da consegnare, vengono da lontano, da chissà dove. La loro presenza è solo un ulteriore fattore di rischio per i lavoratori. Altra presenza ingombrante quella degli uomini della vigilanza. Anche loro entrano negli uffici. Arrivano da aree geografiche distanti chilometri, hanno mani sporche, non dispongono di gel igienizzanti, indossano mascherine improvvisate e spesso si servono degli stessi servizi igienici dei lavoratori di Poste. Tra i numerosissimi uffici rimasti aperti ci sono i cosiddetti uffici di livello superiore o ad alta affluenza. Alcuni sono abbastanza ampi, con molto personale, ma di fatto non c'è distanza tra sportelli, tra lavoratori, si utilizzano le stesse fotocopiatrici posizionate in un unico ambiente per tutti, gli stessi bagni, gli stessi lavandini, le stesse penne. Altri uffici sono veri e propri bugigattoli, sgabuzzini, ripostigli in cui i lavoratori sono costretti ad operare a stretto contatto, senza alcuna distanza, con il beneplacito dei direttori che tutto sanno e approvano. Basterebbe visionare una planimetria degli uffici, i pochi metri quadrati messi a disposizione dei lavoratori, la reale distanza tra gli sportelli, per rendersi conto di quanta retorica c'è in quell'ammonimento "mi raccomando alla distanza!". E quando il problema non è il collega, l'addetto alle pulizie, la vigilanza, il postino che entra senza mascherina per ritirare la posta, allora lo è il cliente. Faccia a faccia, senza alcuna protezione, perché l'ufficio è operativo per tante persone quanti sono gli sportelli. I clienti pretendono di pagare le utenze (anche quando il decreto posticipa), bollettini di dubbia importanza, vogliono fare ricariche telefoniche o su poste pay, prelevare contanti, emettere vaglia, versare contanti e assegni sui conti".

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