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Covid 19

Coronavirus, l’epidemiologo: “Non credo sarà possibile avere un vaccino prima di un anno”

L’epidemiologo e professore di Igiene all’Università di Pisa, Pier Luigi Lopalco ha cercato di rispondere ai punti interrogativi più frequenti quando si tratta di coronavirus, in un momento dell’emergenza in cui sussistono ancora moltissimi dubbi circa le modalità di contagio, le misure efficaci di prevenzione, il trattamento della malattia e soprattutto la durata dell’emergenza.
A cura di Annalisa Girardi
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Anche se ormai l'emergenza coronavirus è diventata una realtà in Italia da oltre un mese, ci sono ancora molte domande a cui è difficile dare risposta. Incognite sulle modalità di contagio, sulle misure di prevenzione personali e sulle cure previste, sulla sintomatologia e soprattutto su quanto ancora durerà l'epidemia nel nostro Paese. A tutto questo, si aggiungono anche una numerosa serie di fake news sul Covid-19 che non aiutano certo a fare chiarezza su un tema così delicato. L'epidemiologo e professore di Igiene all'Università di Pisa, Pier Luigi Lopalco, intervistato da Sky Tg24, ha cercato di rispondere ai punti interrogativi più frequenti quando si tratta di coronavirus.

Come si trasmette il coronavirus

"La via principale con cui questo virus si trasmette sono le goccioline del respiro che vengono emesse da un soggetto, soprattutto nel momento in cui compaiono i primi sintomi, e respirate da chi gli sta vicino. Purtroppo anche chi non ha i sintomi può essere contagioso, quindi bisogna stare attenti alla vicinanza tra una persona e l’altra. Ecco perché è necessario cercare di stare almeno a un metro l’uno dall’altro", spiega Lopalco, aggiungendo che va evitata la stretta di mano in quanto le persone sono abituate a tossire nella propia mano e in questo senso potrebbe verificarsi una trasmissione indiretta del virus.

Attraverso il cibo, invece, è impossibile veicolare il Covid 19. Allo stesso modo gli animali da compagnia non possono trasmetterlo all'uomo. I vaccini contro l'influenza, continua Lopalco, purtroppo non proteggono dal virus: "Il coronavirus è completamente diverso dal virus dell’influenza, per cui gli anticorpi che noi sviluppiamo quando ci vacciniamo per l’influenza non hanno nessun effetto nei suoi confronti".

Per quanto riguarda la sopravvivenza sulle superfici del virus, Lopalco spiega: "Può  sopravvivere anche a lungo ed è possibile riscontrarne la presenza tramite l’utilizzo di metodi analitici molto sensibili. Tuttavia, è importante tenere presente che il contatto con le superfici contaminate, come le maniglie delle porte toccate da tante persone, non rappresenta la principale fonte di trasmissione. Lavandosi spesso le mani è possibile limitare al minimo questa possibilità di contagio".

Come si evita il contagio

Lavarsi spesso le mani è la prima misura precauzionale da adottare contro il coronavirus, continua l'epidemiologo: questa è in gran lunga da preferire al gel igienizzante, anche se si tratta di una valida soluzione quando si è fuori casa. Per quanto riguarda il lavaggio degli indumenti, Lopalco sottolinea che si tratti di una "raccomandazione che vale sempre e non solo in questa situazione. Lasciare le scarpe fuori da casa è sempre una buona abitudine, perché sulla suola possono accumularsi tanti microrganismi".

Sulle mascherine, il professore chiarisce: "Esistono due tipi diversi di mascherine. Le mascherine chirurgiche servono per evitare di contaminare l’ambiente esterno ed è per questo che vengono utilizzate all’interno delle sale operatorie. Le mascherine con filtro, invece, devono essere utilizzate dagli operatori sanitari, esposti a un rischio molto alto, per proteggere sé stessi. Non servono a chi deve semplicemente uscire di casa. Chi deve assistere una persona anziana può indossare una mascherina chirurgica per limitare le occasioni di contagio". I guanti invece non servono al cittadino comune, e possono anzi essere controproducenti, diventando veicolo di infezione. Meglio lavarsi le mani. Inoltre, è importante mantenere una distanza di sicurezza di un mentre. "L'importante è tossire o starnutire nella piega del gomito per evitare che le goccioline del respiro possano raggiungere le altre persone", specifica l'epidemiologo, consigliando di aprire spesso le finestre a casa per arieggiare gli spazi.

Le fake news sul coronavirus

Non è vero che lo sport rappresenta un fattore di rischio per il coronavirus: "Lo sport in solitaria si può continuare a praticare. Ovviamente bisogna evitare le attività di squadra. Lo sport non è un fattore di rischio", spiega Lopalco. Che aggiunge come nemmeno donare il sangue sia un pericolo: "La onazione viene normalmente fatta in estrema sicurezza, perché col sangue si possono trasmettere varie malattie infettive. Il personale conosce benissimo queste patologie e fa in modo che la donazione sia un atto assolutamente sicuro".

Non è invece vero che la vitamina C sia un efficace fattore di protezione contro il Covid 19: "Se fosse vero, in questo momento ci sarebbero distributori automatici di vitamina C nelle strade. È ovvio che non sia vero". Nemmeno bevande calde o alcoliche hanno poteri terapeutici contro il coronavirus, così come trattenere il respiro non è in alcun modo un test valido per sapere se si è contratto il virus.

Quali sono i sintomi del coronavirus

Per quanto riguarda i sintomi, Lopalco spiega: "La maggior parte dei soggetti infettati ha una sintomatologia estremamente lieve, simile a quella di un raffreddore. Altre volte si verifica una sindrome simil-influenzale (febbre, mal di testa, malessere generale). Altre volte questa sintomatologia si aggrava: la febbre diventa più alta e si hanno i segni di una polmonite. La malattia che più temiamo da infezione da coronavirus è proprio la polmonite virale, che si manifesta con tosse secca e insistente, oltre a mancanza di respiro. Quest’ultimo sintomo è il segno che bisogna andare in ospedale". Inoltre specifica che i sintomi del Covid-19 siano assolutamente diversi da quelli dell'allergia.

Il tampone, continua l'epidemiologo, può essere fatto dietro prescrizione medica quando questa eventualità si dimostra necessaria: in ogni caso è il dipartimento di prevenzione che contatta chi si deve sottoporre al test. I falsi positivi sono inoltre rarissimi e i risultati sono in genere assolutamente attendibili. Nel momento in cui si notano dei "sintomi simil-influenzali bisogna immediatamente contattare le autorità sanitarie, perché è possibile che si tratti di un’infezione da coronavirus".

Sulla pericolosità del coronavirus, Lopalco spiega: "Il virus causa un’infezione che può trasformarsi in una malattia “banale” o evolvere verso una polmonite. Questa evoluzione diventa più probabile con l’aumentare dell’età. Nei bambini è rarissima e nei ragazzi è molto rara. Se si manifesta in un paziente adulto in buona salute, con le dovute cure può sparire senza lasciare traccia di sé, ma quando colpisce un soggetto anziano può essere anche letale. Il virus è nuovo, ma la malattia che causa è conosciuta. L’importante è ridurre il contagio per evitare che ci siano troppi pazienti con polmoniti virali".

Al momento il coronavirus è infatti trattato come una polmonite virale: "Ovviamente , man mano che si studia questa malattia vengono fuori delle proposte. Per esempio, recentemente è stata lanciata la proposta di utilizzare una particolare molecola in grado di bloccare la reazione infiammatoria in alcuni pazienti. Purtroppo questa non è una cura per il coronavirus: è un farmaco che si può utilizzare utilmente solo in un particolare gruppo di pazienti", aggiunge Lopalco.

Quando finirà l'emergenza

Non si può ancora prevedere quando sarà pronto un vaccino. Ma secondo Lopalco non sarà pronto prima di un anno: "Sono già pronti dei prototipi. Saranno però necessari mesi di sperimentazione sugli animali e sull’uomo per valutarne l’effettiva efficacia. In seguito, sarà necessario creare degli impianti per la produzione su larga scala del vaccino. Non credo che sarà possibile avere un vaccino per tutti gli abitanti del pianeta prima di un anno". 

Secondo il professore non è ancora possibile avanzare delle previsioni per quanto riguarda la durata dell'emergenza: "Non  sappiamo quanto il clima estivo possa rallentare il contagio. Ci aspettiamo un rallentamento del contagio durante l’estate, come avviene anche per le altre malattie respiratorie. Sicuramente i climi tropicali possono impedire una circolazione elevata del coronavirus".

Ma la domanda su quanto tempo durerà ancora "è una domanda da un milione di dollari. Dobbiamo seguire l’andamento delle curve epidemiche e fare di tutto per rallentare la corsa di questo virus. Quando finirà lo diremo guardando i dati. È davvero impossibile fare delle previsioni", conclude Lopalco.

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