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Con l’omicidio l’onore non c’entra: l’abolizione del ‘delitto d’onore’

Il 5 settembre 1981 la legge 442 cancellava dal codice penale italiano il delitto d’onore e il matrimonio riparatore. Fino ad allora, gli uomini che uccidevano mogli, figlie o sorelle che avessero loro arrecato ‘disonore’, beneficiavano di un grosso sconto di pena. Oggi, invece, non esistono più attenuanti per il femminicidio.
A cura di Angela Marino
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Una scena del film 'Divorzio all'italiana'
Una scena del film ‘Divorzio all'italiana'

Con l'omicidio l'onore maschile non c'entra: ci sono voluti oltre 50 anni perché il nostro codice penale lo riconoscesse. Dal 1930 fino al 1981, anno dell'abrogazione della legge 587, qualsiasi uomo che uccidesse una donna che con i il suo comportamento avesse arrecato ‘disonore' alla propria reputazione beneficiava di un considerevole sconto di pena. Il danno all'onore di un uomo veniva considerato una attenuante all'omicidio di una donna e di chi avesse perpetrato con lei la condotta ‘disonorevole'.

Delitto d'onore: l'articolo 587

Cosi recitava la legge 587:

Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

L'Italia in cui le donne venivano date in matrimonio con una ‘dote', un tesoretto in denaro e beni che rendeva una moglie più o meno desiderabile, quella in cui i maltrattamenti domestici venivano tollerati, premiava chi uccideva una donna. L'incivile norma dell'ordinamento venne abolita con la legge numero 442 del 5 settembre 1981, che, con il delitto d'onore, cancellava anche l'istituto del ‘matrimonio riparatore', secondo il quale non sussisteva colpa per chi stuprava una donna, se poi la sposava.

Delitto d'onore e matrimonio riparatore

L'abolizione di quell'articolo del codice penale seguì il clamoroso caso di Franca Viola, la giovane siciliana che rifiutò di sposare l'uomo che l'aveva rapita e stuprata. In altri paesi uccidere una donna o bruciarla viva è ancora una pratica normale e non viene riconosciuta come omicidio o tentato omicidio dalle istituzioni. Ogni anno nel mondo se ne contano moltissimi di casi, di cui la maggior parte non vengono neanche denunciati, come racconta il libro autobiografico Brulée vive, pubblicato in Francia nel 2003 e ispirato alla terrificante esperienza di Suad.

Il film sul delitto d'onore

Ben prima dell'abolizione della ‘legge infame', durante il ventennio fascista, Lina Wertmuller aveva trattato il delicato tema nel film Pasqualino Settebellezze, ma fu, successivamente Divorzio all'italiana, del regista Marcello Germi, a disegnare il più impietoso ritratto del matrimonio italiano in cui, anni prima dell'approvazione del divorzio, ci si liberava della moglie con l'omicidio. Il film premiato a Cannes nel 1962, racconta la storia del barone siciliano Fefè, che, invaghitosi della cugina sedicenne, induce la moglie all'adulterio per giustificarne l'assassinio e poter sposare la giovanissima amante. Una storia italiana di ordinario sopruso maschile diventata l'emblema della società di quegli anni.

La fine del delitto d'onore: la ‘legge infame'

Oggi, nel nostro ordinamento giuridico, uccidere una moglie, una figlia o una sorella comporta invece una aggravante, quella del vincolo di parentela. La parola ‘femminicidio‘, che nel codice penale corrisponde all'omicidio volontario, si è fatta strada nel linguaggio comune e definisce genericamente l'estrema espressione della logica di sopraffazione maschile. La sua diffusione è l'ennesimo esempio di come il cambiamento dei comportamenti umani dipenda sempre da un primo e irrinunciabile cambiamento culturale.

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