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Chiesti 11 anni e mezzo di carcere per Pino Maniaci: è accusato di estorsione e diffamazione

La pm della Dda di Palermo, Amelia Luise, ha richiesto nei confronti di Pino Maniaci, giornalista ed ex direttore dell’emittente tv Tele Jato per anni simbolo della lotta alla mafia, una condanna a 11 anni e mezzo di reclusione. Il cronista è accusato di estorsione e diffamazione. Secondo l’accusa avrebbe preteso favori e denaro da amministratori locali.
A cura di Davide Falcioni
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Undici anni e mezzo di reclusione: è questa la condanna che stamattina la pm della Dda di Palermo, Amelia Luise, ha richiesto nei confronti di Pino Maniaci, giornalista ed ex direttore dell’emittente tv Tele Jato per anni simbolo della lotta alla mafia. Il cronista è accusato di estorsione e diffamazione: secondo l’accusa, avrebbe preteso favori e denaro da amministratori locali minacciandoli, in caso di rifiuto, di avviare campagne mediatiche negative nei loro confronti. Il processo prende le mosse da un'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia sul clan di Borgetto, dove a maggio del 2016 vennero arrestate 10 persone. Le indagini travolsero anche Giuseppe Maniaci, direttore dell’emittente televisiva Telejato, una piccola tv privata di Partinico, noto per le sue campagne antimafia.

Le indagini svelarono che il giornalista, a cui venne notificato il divieto di dimora a Palermo e Trapani, avrebbe ricevuto somme di denaro e agevolazioni dai sindaci di Partinico e Borgetto e da un assessore comunale di quest'ultima città. In cambio avrebbe evitato commenti critici sull'operato delle amministrazioni comunali. Maniaci incappò nelle maglie della giustizia casualmente mentre i carabinieri indagavano sui clan di Partinico e sui rapporti tra criminalità organizzata e politica locale. Da una intercettazione ambientale, a carico di un sindaco, emerse la consegna di una somma di denaro al giornalista, circostanza che insospettì gli inquirenti che decisero di metterlo sotto controllo scoprendo che Maniaci, in cambio di piccole somme (200-300 euro), assicurava ai primi cittadini di non trasmettere quelli che definiva scoop che avrebbero potuto danneggiarli. Oltre al denaro avrebbe anche chiesto un contratto a termine per una donna al comune di Partinico. In un primo momento Maniaci venne rinviato a giudizio insieme ai mafiosi. I suoi avvocati Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino però chiesero ottennero lo stralcio della sua posizione che venne separata e trasmessa al giudice monocratico.

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