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Chi si spaccia per un’altra persona nelle chat rischia una condanna

È quanto emerge da una sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna di una donna che aveva divulgato in rete il numero di cellulare della sua ex datrice di lavoro. La vittima si era trovata a ricevere telefonate e sms di persone interessate a incontri erotici.
A cura di Susanna Picone
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È quanto emerge da una sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato la condanna di una donna che aveva divulgato in rete il numero di cellulare della sua ex datrice di lavoro. La vittima si era trovata a ricevere telefonate e sms di persone interessate a incontri erotici.

È reato spacciarsi per un altro in chat. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha confermato la condanna che era stata inflitta a una donna colpevole di aver diffuso il numero di cellulare della sua ex datrice di lavoro (con la quale aveva in corso una causa civile) in chat. La vittima, chiaramente ignara dell’operato della sua ex dipendente, si era ritrovata a ricevere telefonate e sms da persone che le chiedevano incontri erotici e che spesso la insultavano e le inviavano mms con immagini pornografiche. La Corte d’appello di Trieste aveva condannato l’imputata per i reati di ingiuria e sostituzione di persona. E la quinta sezione penale della Cassazione ha rigettato il suo ricorso sottolineando che “integra il reato di sostituzione di persona la condotta di colui che crei e utilizzi un account di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto, inducendo in errore gli utenti della rete Internet, nei confronti dei quali le false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese".

Il nickname entra nella giurisdizione – Nel caso specifico la donna condannata non aveva creato alcun account ma aveva inserito in una chat di incontri personali i dati della sua vittima, chiaramente a sua insaputa. E – emerge dalla sentenza – c’è reato di sostituzione di persona “anche quando si attribuisce ad altri un falso nome ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, dovendosi intendere per nome non solo quello di battesimo ma anche tutti i contrassegni di identità”. Tra questi – fanno sapere i giudici della Cassazione – rientrano anche i nicknames utilizzati su internet “che attribuiscono una identità virtuale, in quanto destinata a valere nello spazio telematico del web, la quale tuttavia non per questo è priva di una dimensione concreta”. Per la Cassazione il nickname, nel caso in cui non vi siano dubbi sulla sua riconducibilità a una persona fisica, assume dunque lo stesso valore di un nome di fantasia la cui attribuzione integra il reato di sostituzione di persona.

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