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Cesena, l’omicidio di Manuela Teverini: la Cassazione conferma la condanna a 20 anni per il marito

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato da Costante Alessandri, l’uomo accusato di aver ucciso la moglie 35enne Manuela Teverini nel 2000. Alessandri è stato condannato a 20 anni di carcere con rito abbreviato. Il corpo di Manuela non è mai stato ritrovato dalle autorità e ancora oggi le sorelle della vittima e sua figlia Lisa, che allora aveva solo 4 anni, chiedono di sapere dove sia stato occultato il cadavere.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Dopo 21 anni, la Corte di Cassazione ha messo la parola fine alla lunga vicenda giudiziaria riguardante la morte di Manuela Teverini, la mamma 35enne scomparsa nel nulla il 5 aprile del 2000 a Capannaguzzo, nei pressi di Cesena. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso contro la sentenza d'appello emessa nei confronti di Costante Alessandri, marito della donna accusato di omicidio e occultamento di cadavere. Il corpo di Manuela non è mai stato ritrovato.

La 35enne è scomparsa nel nulla in una giornata apparentemente normale del 2000. Con lei sparì dal garage anche la Fiat Uno che era solita guidare. L'auto ricomparve qualche ora dopo nei pressi della stazione di Cesena, ma l'assenza di immagini di telecamere di videosorveglianza non ha mai permesso di accertare chi abbia spostato l'automobile. Nel dicembre del 2002, il marito di Manuela fu arrestato e chiuso in carcere a Forlì per un mese. Rilasciato dopo l'esito negativo delle ricerche del cadavere nei pressi dell'abitazione, ha vissuto in libertà fino a oggi. A provare il suo coinvolgimento, un'intercettazione nella quale confessava l'omicidio della moglie alla sua amante. Interrogato dagli investigatori, disse di aver ammesso il delitto solo per provocarli perché conscio di essere intercettato ormai da tempo. 

Secondo gli inquirenti, alla base dell'omicidio vi fu un movente di tipo economico per una separazione non consensuale. "Sono stato io, non c'entra nessun altro" sosteneva Alessandri nell'intercettazione. L'anno della scomparsa, la figlia della coppia, Lisa, aveva solo quattro anni. Negli anni proprio lei ha insistito per portare avanti le indagini e conoscere la verità. A distanza di 21 anni dal delitto, l'ormai giovane donna chiede di sapere dove fu occultato il corpo. "Non ho paura di sapere cosa è successo – dice -, tanto già ho capito cosa è avvenuto".

La vicenda giudiziaria

La prima pagina processuale fu scritta nel 2019, quando Alessandri fu accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere. L'uomo, oggi 62enne, fu condannato a 20 anni con rito abbreviato. Il 12 dicembre del 2019, la conferma della condanna decretata dalla Corte d'Appello di Bologna. La Cassazione ha risposto definitivamente all'ultimo ricorso dell'avvocato di Alessandri. "Ora ci dica dove l'ha messa" hanno commentato dopo la decisione della Corte di Cassazione le sorelle di Manuela, provate dalla lunga vicenda giudiziaria. Le due si sono espresse più volte ai microfoni della trasmissione Rai "Chi l'ha visto?" che ha seguito da vicino la vicenda. Anche la figlia Lisa, ormai adulta, ha partecipato a tutte le tappe del processo. Prima dell'udienza di martedì, la giovane si è mostrata tesa davanti alle telecamere del noto programma Rai. "Non dormo da una settimana e so che siamo tutte tese a casa, ma abbiamo bisogno di giustizia. Per noi e per tutte coloro che non l'hanno avuta. Non abbiamo mai avuto dubbi sul responsabile e da 21 anni aspettiamo una decisione della magistratura in questo senso", ha dichiarato.

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