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Caso Yara. Massimo Bossetti, lo sfogo con la moglie: “Sono stanco di tutto”

A “Quarto Grado” lʼaudio della telefonata dell’uomo, condannato in appello per aver ucciso la 13enne di Brembate: “Sai che lotto, combatto. Ma sono stanco di tutto” dice alla moglie Marita Comi.
A cura di Biagio Chiariello
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Verrà la Corte di Cassazione discuterà l'udienza sul ricorso di Massimo Bossetti, condannato all'ergastolo anche in appello per l'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio. L’ex muratore di Mapello si è sempre detto innocente. In ogni occasione, sostenendo di c'entrare nulla con la morte della ragazzina, il cui corpo fu ritrovato in un campo di Chignolo d'Isola il 26 febbraio 2011. I suoi difensori hanno depositato un lunghissimo ricorso – si parla di quasi 600 pagine – per contestare gli elementi in base ai quali i giudici bergamaschi e bresciani avevano inflitto il carcere a vita a Bossetti, ritenuto responsabile dell’omicidio dell’adolescente di Brembate di Sopra.

E Bossetti spera. "Vado avanti, combatto, puoi immaginare quale sia il mio stato d'animo in attesa della Cassazione". Queste le parole del muratore di Mappello, intercettato in carcere mentre parla con la moglie Marita. L’audio è stato riportato dalla trasmissione Quarto Grado. "Sai che lotto, combatto" dice ancora Bossetti. "La speranza è che qualcosa di positivo possa cambiare". Poi il crollo nervoso: "Ci spero tantissimo Mari, perché sono stanco, stanco di continuare a subire tutto ingiustamente ed essere visto per quello che non sono". "Sono stanco, stanco di questo posto qua, stanco di tutto. Infine non ho mai chiesto un'assoluzione, ho semplicemente chiesto di poter ripetere un dato scientifico che fugherebbe ogni dubbio. Non so ma ci vuole così tanto a capirlo?".

Dal 14 giugno del 2014 l’uomo si trova in carcere per il delitto di Yara. Il muratore attende con ansia la decisione della Suprema Corte. Quest’ultima potrà o confermare la condanna all’ergastolo, oppure potrà ritenere che il processo nei gradi precedenti non sia stato svolto regolarmente (vale a dire che non sia stata correttamente applicata la legge processuale), decidendo quindi o di annullare la sentenza, rinviando nuovamente a giudizio l’imputatooppure (come avvenne per Raffaele Sollecito e Amanda Knox) senza rinvio, assolvendo così l’accusato.

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