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Caso Yara, l’esperto: “Sul corpo della 13enne dna di una terza persona”. Bossetti spera

Secondo il professor Peter Gill, esperto di fama mondiale sulle ricerche legate al Dna sui luoghi di un delitto, “oltre al Dna nucleare di Massimo Bossetti e al Dna mitocondriale di Yara c’era per forza il mitocondriale di una terza persona”. Lo scienziato è stato contattato come consulente della difesa del carpentiere di Mapello.
A cura di Biagio Chiariello
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Potrebbe esserci un clamoroso colpo di scena nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Secondo il professor Peter Gill, padre della genetica forense con cattedra all'università di Oslo, esperto di fama mondiale sulle ricerche legate al Dna sui luoghi di un delitto,”«oltre al Dna nucleare di Massimo Bossetti e al Dna mitocondriale di Yara c'era per forza il mitocondriale di una terza persona”. Gill era stato contattato come consulente della difesa del muratore di Mapello, condannato in secondo grado all'ergastolo per l'omicidio della 13enne di Brembate. L’esperto ha parlato con la troupe del documentario Unknow1, nel quale in otto episodi verrà raccontato il caso della 13enne di Brembate Sopra. "Doveva per forza esserci una terza persona", ha affermato Gill.

Bossetti e i suoi avvocati hanno sempre contestato la validità dell'esame del Dna e sono in attesa del processo in Cassazione, il cui inizio è previsto per il 12 ottobre. E anche nel fascicolo depositato in Cassazione, i difensori hanno chiesto che all’imputato sia concesso di difendersi, come l’ordinamento giuridico impone, attraverso lo svolgimento di una super perizia sul Dna (negata in Appello) che possa chiarire le anomalie relative alla traccia genetica di Ignoto 1 (per la Procura e per due tribunali riconducibile a Bossetti) rinvenuta sugli slip della vittima e che ha portato alla incriminazione del carpentiere bergamasco, arrestato il 16 giugno 2014.

La Corte d’Assise d’appello aveva scritto che sull’identità tra il Dna di Ignoto 1 e Bossetti è stata raggiunta la “certezza del dato”. Per dare loro ragione sui risultati dei test sbagliati, gli avvocati del 48enne di Mapello avrebbero dovuto dimostrare “che durante una delle fasi che contraddistinguono le analisi genetiche vi siano state contaminazioni tali da condurre, casualmente o accidentalmente, a realizzare un Dna identico a quello di Bossetti” o che “le contaminazioni siano avvenute dolosamente”. Ma il Dna dell’imputato non era in nessun laboratorio, non poteva essere “ricopiato”. Quindi, ha concluso la Corte, “è agevole rilevare che in questo processo la richiesta di perizia genetica sia manifestamente infondata”.

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