Caso Manuela Murgia: sui vestiti tracce di sangue e materiale biologico, è svolta dopo 30 anni

Tracce di sangue, residui organici e frammenti di verità. A trent’anni dalla morte di Manuela Murgia, la sedicenne trovata senza vita il 5 febbraio 1995 nel canyon di Tuvixeddu a Cagliari, nuovi elementi potrebbero riscrivere la sua storia. Il caso, archiviato per due volte come suicidio, è stato riaperto nel 2023 su spinta dei fratelli della ragazza. Oggi, grazie agli esami del Ris di Cagliari, la morte di Manuela potrebbe finalmente trovare una risposta: sui suoi vestiti sono state isolate numerose macchie sospette, comprese tracce ematiche e biologiche, che potrebbero rivelare se fu vittima di violenza e omicidio.
Gli accertamenti dei carabinieri del Reparto Investigazioni Scientifiche si sono concentrati sul maglione e sul giubbotto che Manuela indossava il giorno del ritrovamento. Ma sono ben undici i reperti riesumati dai depositi dell’ex Istituto di Medicina legale di via Porcell: jeans, slip, calze, leggings, reggiseno, un fermacapelli elastico, un pezzo di cintura, stivaletti in pelle, un maglioncino, la giacca e la busta che li conteneva. I primi test, effettuati sugli indumenti intimi, non hanno rivelato presenza di liquido seminale, ma hanno rilevato altre tracce organiche ancora da classificare. In base a una nuova consulenza medico-legale, Manuela potrebbe aver avuto un rapporto violento prima di morire.
Sarà proprio la classificazione del Dna la fase decisiva: comparare i profili genetici con quelli dell’unico indagato, Enrico Astero, ex fidanzato della vittima, oggi 54enne. Astero è accusato di omicidio volontario e violenza sessuale. A sostenerlo è la ricostruzione firmata dal medico legale Roberto Demontis, consulente della famiglia Murgia, che ha rimesso in discussione la versione ufficiale dei fatti. Secondo lui, Manuela sarebbe stata uccisa e poi gettata nel vuoto, e non caduta volontariamente. Anche il genetista forense Emiliano Giardina – lo stesso che identificò “Ignoto 1” nell’omicidio di Yara Gambirasio – è stato incaricato di analizzare i campioni: “Se c’è Dna estraneo sui vestiti, lo troveremo” ha detto a Fanpage.it.

La riapertura delle indagini ha avuto un momento cruciale nel tribunale di Cagliari, quando i fratelli di Manuela hanno incrociato per la prima volta lo sguardo di Astero. “Aspettiamo solo la verità – ha detto Elisabetta Murgia – in trent’anni non ci ha mai rivolto una parola, nemmeno per esprimere dispiacere”. Nessun saluto, nessuno scambio. Solo il silenzio di una ferita che non si è mai chiusa.
L’incidente probatorio è stato avviato ufficialmente, con il giuramento di periti e consulenti davanti al gip Giorgio Altieri. L’analisi sugli abiti – rimasti per decenni chiusi in una busta nei magazzini della medicina legale – si concluderà entro il limite imposto: 80 giorni per fare luce su ciò che è accaduto davvero quella mattina del 5 febbraio, quando Manuela uscì di casa senza dire nulla, con qualche risparmio in tasca e due misteriose telefonate ricevute poco prima.
Il 2 ottobre saranno presentati i risultati finali. Fino ad allora, ogni traccia, ogni macchia, ogni frammento biologico potrà fare la differenza. Perché questa volta, dopo trent’anni, il tempo non è più nemico: è alleato della verità.