Casa di Montecarlo, pm chiede processo per Fini: “Ho mentito per le mie figlie”
"Quando ho appreso delle indagini ho chiesto spiegazioni ad Elisabetta e lei mi ha confessato che, insieme a Giancarlo, nel 2008 avevano deciso di comprare quell’appartamento e che, per evitare che la proprietà fosse di pubblico dominio, il fratello aveva appositamente costituito le società off shore Timara e Printemps… Non l’ho riferito nel primo interrogatorio per timore delle ripercussioni laceranti che tali affermazioni avrebbero potuto causare nel mio ambito familiare, soprattutto con riferimento alle mie figlie", così, secondo il Corriere della Sera, Gianfranco Fini si sarebbe giustificato davanti ai giudici nell'ultimo interrogatorio coi magistrati di Roma che da tempo lo hanno nel mirino per la nota vicenda della casa di Montecarlo, ereditata dal Movimento sociale italiano e acquistata a prezzo di favore dalla sua compagna e dal cognato, Elisabetta e Giancarlo Tulliani, e rivenduta nel giro di poco tempo con un guadagno netto di almeno un milione di euro.
Una giustificazione che però non sembra aver convinto i pm capolini che hanno chiesto per lui il processo al pari della compagna notificandogli la richiesta di rinvio a giudizio. Fini è indagato insieme ai fratelli Tulliani e al padre di questi per riciclaggio di denaro. In particolare l'accusa sostiene che a finanziare quell'acquisto siano stati i soldi che il "re delle slot machine" Francesco Corallo avrebbe guadagnato illecitamente sottraendolo alle casse dello Stato quando ha ottenuto le concessioni pubbliche per i videogiochi.
I pm ritengono che Corallo fosse protetto politicamente da Fini e che con lui avrebbe stretto accordi che poi hanno portato all'affare della casa. A confermare questa ricostruzione anche un ex amico di partito di Fini, Amedeo Laboccetta, imputato nello stesso procedimento . L'ex presidente della Camera dal suo canto rigetta ogni addebito e accusa Labocetta di avere livore nei suoi confronti per vecchi contrasti politici. "Elisabetta mi disse che non sapeva da dove provenisse il danaro impiegato, mi ha riferito che di tutto si era occupato il fratello Giancarlo. Se io avessi avuto, nel 2008, il minimo sospetto che dietro le società off shore ci fossero stati i due fratelli Tulliani, mai avrei autorizzato la vendita" ha sottolineato Fini che dopo la richiesta dei pm ha commentato: "La richiesta degli inquirenti era prevedibile, ribadisco la mia innocenza e confermo piena fiducia nell'operato della magistratura"