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Campione d’Italia, 18 indagati per il crack del comune e del casinò: anche due sindaci

Oltre ai due sindaci, nel mirino degli inquirenti anche l’operato di dirigenti e funzionari comunali di alcune aree e membri dei revisori e di chi stilava i rendiconti contabili. Secondo l’accusa, due distinte amministrazioni comunali avrebbero rinunciato senza motivi validi a crediti nei confronti della casa da gioco avvantaggiando il Casinò e portando alla bancarotta il Comune.
A cura di Antonio Palma
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Sono 18 le persone indagate a vario titolo per il crack del comune di Campione d'Italia e del casinò dell’enclave italiana in territorio svizzero. Oggi gli uomini della Guardia di Finanza di Como hanno proceduto a notificare a 18 persone, oltre alla società Casinò di Campione Spa, un avviso di conclusione delle indagini preliminari condotte con il coordinamento della procura lombarda. L’inchiesta cerca di fare luce sulle cause che hanno portato a dichiarare il dissesto del comune nel 2018 e il conseguente fallimento della società di gestione del casinò. Tra gli indagati figurano anche due ex sindaci del comune in carica tra il 2013 e il 2018.

In particolare, secondo gli inquirenti, durante l’arco temporale in esame, due distinte amministrazioni comunali avrebbero rinunciato senza motivi validi a crediti liquidi, certi ed esigibili nei confronti della casa da gioco avvantaggiando il Casinò e portando alla bancarotta il Comune. Tra le altre cose, come spiegano le Fiamme Gialle, contestata la modifica, svantaggiosa per il Comune di Campione d'Italia, della convenzione siglata nel 2014 tra il Comune di Campione d'Italia e la società di gestione del casinò e l'ulteriore aggravamento del dissesto del Comune facendo ricorso ad anticipi di tesoreria per coprire gli ammanchi delle entrate della casa da gioco.

Oltre ai due sindaci, nel mirino degli inquirenti anche l’operato di dirigenti e funzionari comunali di alcune aree e membri dei revisori e di chi stilava i rendiconti contabili. I reati contestati a vario titolo sono di abuso in atti di ufficio e falsità ideologica in atti pubblici. Secondo l’accusa, i bilanci di gestione "alteravano il risultato di amministrazione indicando falsamente maggiori spese di personale, allo scopo di giustificare i pagamenti di indennità integrative del trattamento retributivo non spettanti dichiarandone la compatibilità delle previsioni di spesa per oltre 4 milioni di franchi.

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