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Camorra: maxi confisca da 90 milioni di euro nel Lazio

Il sequestro realizzato dalla Dia di Napoli nel 2011 e convalidato oggi dal tribunale di Frosinone è il più imponente mai realizzato ai danni di clan camorristici nel Lazio. Tra i beni acquisiti dallo Stato 20 società, diversi immobili e decine di auto tra cui tre Ferrari.
A cura di Antonio Palma
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Camorra: maxi confisca da 90 milioni nel Lazio

Uno dei più grandi sequestri mai realizzati ai danni di clan camorristici nel Lazio è stato convalidato oggi  dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Frosinone presieduta dal giudice Tommaso Sciascia. Il patrimonio confiscato ai boss viene valutato intorno ai novanta milioni di euro divisi tra società, beni mobili e immobili ed è ora nelle disponibilità dello Stato. Si tratta della maggiore confisca mai realizzata ai danni di affiliati o personaggi contigui al clan camorristico nella zona del Lazio. In particolare nel Maxi sequestro eseguito nel marzo 2011 dalla Direzione Investigativa Antimafia di Napoli sono finiti circa venti società, alcune ditte individuali, 26 fabbricati, 28 terreni e 19 veicoli tra cui 3 Ferrari. L'operazione denominata ‘Verde bottiglia' proprio dal colore di una delle auto, una lussuosa Jaguar donata al capoclan dei casalesi Francesco Schiavone detto Sandokan da Gennaro De Angelis, uno degli indagati,  ha smascherato un gruppo criminale che gli inquirenti ritengono indipendente dai Casalesi, ma legato a questi da attività di riciclaggio.

Gruppo indipendente ma strettamente legato al clan dei casalesi – Secondo la Dia, infatti, il gruppo oltre ai propri loschi affari nel Lazio, per conto del clan dei casalesi  procurava armi e investiva denaro sporco all'estero e in Italia attraverso la commercializzazione e l'importazione di auto. I beni sequestrati con un provvedimento d'urgenza e confiscati dal tribunale di Frosinone sono localizzati tra Castrocielo, Sora, Rocca di Mezzo, Cassino, Campoli, Gaeta, Arpino e Roma ed erano nella disponibilità di  Gennaro De Angelis, Aladino Saidi e Antonio Di Gabriele. Il primo in particolare,  considerato dagli inquirenti il vertice del gruppo criminale,  si era stabilito nel basso Lazio agli inizi degli anni '70 diventando punto di riferimento del clan dei Casalesi e poi caporegime, prima con il boss Antonio Bardellino e poi, dopo la scomparsa di questi, con Francesco Schiavone.

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