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Buste dell’immondizia ai piedi perché mancano calzari. “Sanitari eroi? Retorica”

Dall’ospedale pugliese di Molfetta “Don Tonino Bello” arriva un’immagine di denuncia che sta facendo discutere il web. Gli operatori sanitari indossano buste dell’immondizia ai piedi perché mancano i calzari. Fanpage.it ha intervistato l’autore della fotografia: “Noi abbandonati a regole di mercato. Quella dei sanitari eroi è solo retorica”
A cura di Gabriella Mazzeo
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L'immagine sarebbe forte in qualsiasi momento storico, ma durante una pandemia come quella di Covid-19 lo è ancora di più. Gli operatori sanitari indossano buste della spazzatura ai piedi invece dei necessari calzari. Tutto questo, spiega a Fanpage.it l'operatore sanitario autore della denuncia che vuole mantenere l'anonimato, parte da molto lontano. "Prima della lotta riguardante i calzari abbiamo dovuto affrontare quella riguardante le visiere e lo screening per evitare il contagio nel personale" racconta amareggiato. Non è un problema dell'ospedale Don Tonino Bello di Molfetta: è un problema che si estende a tutta Italia in un periodo storico senza precedenti.

Qual è la storia di quella foto?

Una giornata di lavoro come tante. Risale a diverse settimane fa ed è uno dei metodi più fantasiosi che abbiamo usato per fabbricarci dei calzari. Ho deciso di renderla pubblica perché lavorare in questo modo non è giusto e non è sano né per i pazienti, né per i lavoratori. Hanno definito il nostro un "reparto Covid" in maniera impropria: qui i pazienti vengono sottoposti a tampone, stazionano qui per alcuni giorni se in evidenza di sintomi da Coronavirus o con tamponi positivi e poi vengono spostati nel posto di ricovero assegnato. Offriamo comunque assistenza di tipo subintensivo, quindi si tratta di cure importanti. Fin dal primo giorno di apertura non avevamo i dispositivi per la protezione personale. Siamo riusciti a ottenere le visiere dopo più di 15 giorni con sollecito alla direzione per ottenere anche il tampone rapido, che comunque è stato un evento unico.

Cioè?

Non siamo mai più stati sottoposti a tampone. Ci hanno detto che nell'ospedale c'è stata un'emergenza e che i tamponi sono serviti per test più approfonditi.

La questione calzari, invece?

Sempre uguale: usiamo ancora di tutto, dalle buste della spazzatura agli espedienti più assurdi. La foto che abbiamo reso pubblica non è unica nel suo genere: ne arrivano tante da tutta Italia. Anche il 118, per dire, ha le buste della spazzatura ai piedi quando ci porta i pazienti. Non siamo soli, alcuni di noi hanno dovuto provvedere di tasca propria.

L'ospedale come ha preso questa denuncia online?

Male. Ci sono malumori ai piani alti, ma noi lavoratori siamo dalla parte della ragione. Che si crei un clima da esecuzione per una denuncia sacrosanta è spaventoso. Dovrebbero preoccuparsi di procurare quanto prima ciò che è stato richiesto, se non per il personale, almeno per i pazienti e per la loro sicurezza. Quello che penso è che la storia di medici e infermieri eroi è solo retorica, un contentino.

Nel senso?

Nel senso che questa pandemia dura da un anno e lavoriamo in condizioni assurde. Dobbiamo addirittura stare attenti a cosa succederà se denunciamo. Siamo eroi solo sui francobolli dello Stato o per le aziende italiane che ci dedicano i biscotti. Per il mondo più vicino alla sanità, noi siamo i soliti lavoratori bistrattati di sempre. Purtroppo non credo che la situazione cambierà dopo la pandemia. Tante belle parole probabilmente e buste della spazzatura ai piedi.

La denuncia di Rifondazione Comunista

I primi a lanciare online la fotografia che arriva da Molfetta è stato il partito di Rifondazione Comunista. "Puglia, Italia, anno 2021, decimo mese di pandemia – scrivono nel post Facebook che per primo ha lanciato la denuncia -. Gli operatori sanitari lavorano ancora in queste condizioni. Sono passati circa 2 mesi da quando il 12 novembre è stata istituita l'astanteria Covid presso l'ospedale Don Tonino Bello. Dopo aver atteso invano i primi dispositivi di protezione individuale, i sanitari sono stati costretti ad acquistare di tasca propria le visiere, arrivate in un secondo momento. I nostri operatori sanitari sono ancora sprovvisti dei necessari dispositivi di protezione personale".

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