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Bari, sequestrate 7 tonnellate di pesce surgelato scaduto dal 2015 destinato ai supermercati

Sette tonnellate di pesce scaduto da anni sequestrato dalla Guardia Costiera di Bari. Il carico era in arrivo dalla Sicilia ed era diretto a Pescara. Sulle confezioni di sgombro surgelato l’etichetta consentiva la consumazione entro il 2015. Il carico è stato ritirato e le autorità hanno emesso una sanzione di 2mila euro.
A cura di Gabriella Mazzeo
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La Guardia costiera di Bari ha sequestrato un carico di pesce scaduto da almeno cinque anni. Almeno sette tonnellate di confezioni di sgombri congelati all'interno di un autoarticolato frigo proveniente dalla Sicilia e diretto a Pescara. Durante i controlli, le autorità hanno scoperto che l'etichetta ne autorizzava il consumo entro gennaio 2015.

Il prodotto scaduto e destinato ai supermercati è stato sequestrato e la Guardia costiera ha emesso una sanzione di 2mila euro. Il sequestro è avvenuto a Bari San Giorgio e sono state contestate le violazioni sull'igiene dei prodotti alimentari, le cui disposizioni non consentono il trasporto di un prodotto non più idoneo al consumo umano. La data di scadenza rendeva il cibo non commercializzabile a dispetto della documentazione di accompagnamento che invece assegnava alla merce ritirata tutt'altra data di scadenza. 

Cibo scaduto nei ristoranti

Nonostante la pandemia da Coronavirus, il traffico di alimenti scaduti non ha visto alcuna interruzione. Le autorità hanno continuato a tenere alta l'attenzione sui carichi di cibo in viaggio da un capo all'altro del nostro Paese. Un altro importante caso di alimenti in pessimo stato di conservazione o addirittura scaduti da anni e ricongelati sequestrati dalla Guardia di Finanza si è verificato a Torino. Qui, nel mese di settembre di quest'anno, le autorità hanno ritirato da diversi grandi ristoranti "all you can eat" tonnellate di cibo non idoneo al consumo, ricongelato per essere nuovamente immesso sul mercato

. Il blitz delle Fiamme Gialle ha riguardato alcuni grandi depositi di cibo che si trovano nel capoluogo piemontese, tutti di proprietà di un imprenditore di origine cinese che era stato denunciato all'autorità giudiziaria per i reati di frode in commercio, utilizzo di falsi sigilli e cattivo stato di conservazione degli alimenti destinati al pubblico.

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