Bari, la psichiatra uccisa aveva più volte denunciato clima d’insicurezza

“Non c’è sicurezza negli ambienti di lavoro”: a dirlo e denunciare tutto ai carabinieri era stata direttamente Paola Labriola, la dottoressa che il 4 settembre è stata uccisa sul lavoro da un paziente del centro di salute mentale di Bari. La psichiatra aveva più volte, in diverse occasioni, denunciato il clima di insicurezza. Lo scrive oggi l’edizione di Bari de La Repubblica che riporta i verbali e le denunce della dottoressa uccisa e dei suoi colleghi. Denunce che fanno pensare a quella di Paola Labriola come una vera morte annunciata. La dottoressa denunciava la mancanza di sicurezza sul lavoro “a causa del facile accesso da parte di chiunque al Servizio sia che per la conformazione non funzionale degli spazi dell’ambulatorio che per l’assenza di personale di controllo”. La prima denuncia risale al 23 settembre del 2010, Labriola sarà uccisa circa tre anni dopo. “In tarda mattinata, presso il Csm in via Casale 19 – scrive il direttore del centro all’allora direzione generale della Asl – si presentava per essere sottoposto a visita medica. Mentre la dottoressa Paola Labriola cercava di convincerlo ad assumere la terapia farmacologica, l’infermiere professionale G. G. si avvicinava per supportarla. A quel punto il paziente ha colpito al volto l’operatore al quale è stata riconosciuta una prognosi di cinque giorni”.
L’ultima denuncia nel maggio di quest’anno – Nell’agosto del 2012 la psichiatra ha denunciato ai carabinieri, invece, l’ingresso di due balordi nella struttura e il furto di alcuni medicinali. Poi ancora una denuncia il 13 ottobre: Paola Labriola si recò dai militari per raccontare la storia di un loro vecchio paziente che era entrato nel centro e li aveva minacciati con una pietra. Voleva dei soldi. E alle diverse denunce della vittima e dei responsabili del suo ufficio, la Asl nell’immediato non avrebbe fatto nulla e poi avrebbe inviato un portiere successivamente contestato dal Centro di salute mentale: era un paziente dello stesso Sim e dunque non proprio la persona adatta per garantire sicurezza. Ma le denunce non sarebbero finite qui: l’ultima prima dell’omicidio di Paola Labriola è datata maggio 2013: “Si rinnova la richiesta urgente di un provvedimento volto a ridurre il rischio”, scriveva in un documento il responsabile del centro.