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Banda spaccaossa e falsi incidenti, a Palermo condanne per due secoli di carcere

Il Gup del tribunale di Palermo ha condannato nelle scorse ore 33 persone imputate nel processo sulla cosiddetta banda degli spaccaossa, gruppo che aveva messo in piedi una truffa su larga scala in tutto il territorio palermitano assoldando persone che accettavano di farsi procurare lesioni per rendere più credibili i finti sinistri stradali ma a cui andavo solitamente solo qualche centinaio di euro delle somme incassate.
A cura di Antonio Palma
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Assoldavano persone disperate e in cerca di qualche soldo e non esitavano a spezzargli gambe e braccia con metodi atroci solo per simulare finti incidenti stradali e truffare così le assicurazioni che sborsavano ingenti somme di cui però alle  presunte vittime andavano solo le briciole. Per questo il Gup del tribunale di Palermo Giulia Malaponte ha condannato nelle scorse ore 33 persone imputate nel processo sulla cosiddetta banda degli spaccaossa, gruppo che aveva messo in piedi una truffa su larga scala in tutto il territorio palermitano assoldando persone che accettavano di farsi procurare lesioni per rendere più credibili i finti sinistri stradali ma a cui andavo solitamente solo qualche centinaio di euro delle somme incassate.

Al temine del processo svolto con rito abbreviato, il giudice per le udienze preliminari ha condannato 33 dei 38 imputati a pene complessive per poco meno di due secoli. Le condanne più dure son andate a Francesco Faija, Gesué Giglio e Alfredo Santoro, ritenuti gli ideatori e i promotori del grande affare. Tra i condannati, oltre agli organizzatori delle truffe e agli esecutori materiali delle ferite, figurano però anche le stesse vittime che partecipavano ai raggiri  sottoponendosi alle dolorosissime fratture, procurate spesso con colpi di mattoni sugli arti. Per loro ovviamente il giudice ha stabilito pene meno severe mentre per tutti riduzione della pena di un terzo grazie al rito alternativo. Lo stesso procedimento giudiziario ha stabilito anche risarcimenti per dieci compagnie assicurative truffate e per la madre di un giovane tunisino morto proprio per le ferite inferte durante la preparazione di un falso incidente

Proprio l'episodio della morte del giovane tunisino, all'epoca minorenne fu l'origine dell'indagine sulla banda degli spaccaossa, poi suddivisa in vari filoni su cui si sono alternati polizia, carabinieri e guardia di finanza. La parte di cui si è occupato il processo chiuso oggi aveva portato a un blitz l'8 agosto 2018 ed era stata coordinata dal procuratore aggiunto Ennio Petrigni e dai sostituti Alfredo Gagliardi e Daniele Sansone, che si erano basati sulle indagini della Squadra mobile di Palermo.

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