Bambini cresciuti nei boschi in Abruzzo, Procura ora chiede l’affidamento: “Condizioni non idonee”

La Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni dell’Aquila ha chiesto l’affidamento ai servizi sociali per tre bambini che vivono isolati nei boschi dell’entroterra vastese, in provincia di Chieti, e la sospensione della responsabilità genitoriale nei confronti dei genitori. Si tratta di una famiglia di origini australiane: la madre, 45 anni, è di Melbourne, il padre, 51, un commerciante. I figli – una bambina di otto anni e due gemelli di sei – crescono da tempo in condizioni di isolamento, lontani dalla scuola e privi di assistenza sanitaria stabile.
La vicenda era emersa oltre un anno fa, dopo un grave episodio di intossicazione alimentare. Tutta la famiglia era stata ricoverata all’ospedale di Chieti per aver consumato funghi velenosi raccolti nel bosco. In quell’occasione i carabinieri, intervenuti insieme ai soccorritori, avevano scoperto la situazione abitativa dei cinque: una vecchia casa colonica priva di elettricità, con un camino per riscaldarsi e un piccolo impianto fotovoltaico installato dal padre. I servizi igienici erano all’aperto, mentre la famiglia dormiva su materassini all’interno di una roulotte, con un sistema di bagno a secco.
Le relazioni dei servizi sociali hanno evidenziato “gravi carenze” igieniche e sanitarie, oltre all’assenza di un percorso scolastico e di un pediatra di riferimento. In seguito a un primo sopralluogo, era stato proposto ai genitori un progetto socio-psico-educativo per migliorare le condizioni di vita dei bambini, trasferendoli in un’abitazione idonea e inserendoli in un centro educativo. I coniugi avevano inizialmente accettato, per poi ritirare la loro adesione e tornare alla vita nei boschi.
La madre e il padre hanno sempre sostenuto di voler crescere i figli secondo un modello di “educazione non scolastica” (un-schooling), lontano da quella che definiscono una società “avvelenata”. Per questo, hanno scelto un’esistenza autosufficiente, fatta di natura, autoproduzione e apprendimento libero. Tuttavia, i servizi sociali e la Procura ritengono che le condizioni in cui vivono i tre minori rappresentino un “grave pregiudizio” per la loro salute, sicurezza e sviluppo.
Nel corso delle verifiche, la famiglia aveva anche presentato alcuni documenti a propria difesa: un certificato di idoneità scolastica per la figlia maggiore, una perizia tecnica sulle condizioni della casa e un estratto conto bancario per dimostrare la stabilità economica. “Non si è in presenza di violenza – ha precisato l’avvocato Giovanni Angelucci, legale della famiglia –. La coppia è autosufficiente e vive di commercio, ma ritiene la società malata e vuole educare i bambini nella natura.”
Nonostante ciò, dopo mesi di accertamenti e diversi tentativi di mediazione, i genitori non hanno rispettato le richieste di miglioramento avanzate dagli assistenti sociali. Per questo, la Procura per i minorenni dell’Aquila ha deciso di chiedere l’affidamento temporaneo dei tre piccoli ai servizi sociali e la sospensione della potestà genitoriale, ritenendo che l’ambiente in cui vivono non garantisca i requisiti minimi di sicurezza e tutela.
La famiglia continua tuttora a vivere nel bosco, nelle stesse condizioni documentate dai carabinieri e dai servizi sociali oltre un anno fa. Ora la decisione passa ai giudici del Tribunale per i minorenni, che dovranno stabilire se i bambini resteranno con i genitori o verranno affidati a una struttura protetta.