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Assolto perché troppo ricco: “Non può essere uno spacciatore”

Fermato per un banale controllo, un 42enne fiorentino viene trovato in possesso di quasi 600 grammi di cocaina, per un valore da 30.000 euro circa. Affrontato il processo con rito abbreviato, il giudice incaricato decide di assolverlo. Motivo? Troppo ricco per essere davvero uno spacciatore.
A cura di Charlotte Matteini
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Cocaina

Forte consumatore di cocaina, con un piccolo precedente per spaccio di modica entità risalente a oltre vent'anni fa. Nel febbraio dello scorso anno venne arrestato per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Fermato per un banale controllo, nella sua auto la Guardia di Finanza trovò quasi 600 grammi di cocaina, corrispondenti, secondo i calcoli degli Ufficiali, a 3.144 dosi medie giornaliere e 30.000 euro di valore totale. In seguito all'arresto, l'uomo ha affrontato un processo con rito abbreviato e, incredibilmente, è stato assolto.

Secondo il giudice Paola Belsito, l'uomo non sarebbe colpevole in quanto estremamente benestante. Il 42enne, figlio di un ricco imprenditore, avrebbe da poco ereditato una consistente somma di denaro che, unita alla condizione benestante della famiglia di origine, la quale gli permetterebbe di condurre uno stile di vita piuttosto agiato. "L'imputato, grazie alla disponibilità economica, anche di denaro liquido, garantitagli dalla famiglia, e al fatto di essere un figlio e un nipote unico viziato oltre ogni limite, ha potuto coltivare il suo unico vizio pensando di farsi una consistente e smisurata scorta di droga risparmiando nell'acquisto". Inoltre, secondo il giudice: "Se si esclude l'elemento del quantitativo detenuto, assolutamente nulla negli atti di causa permette di affermare che detenesse per spacciare". All'uomo, infatti, non sono stati trovati effetti personali tipicamente riconducibili all'attività di spaccio, quali cellophane, bilancini, sostanze da taglio o inusuali attività telefoniche con potenziali clienti.

Per procedere alla valutazione del profilo dell'imputato, il giudice del Tribunale di Firenze ha provveduto ad ascoltare il parere uno psichiatra, un commercialista e del padre dello stesso, come da richiesta del collegio difensivo composto dagli avvocati Massimiliano Manzo ed Emilio Bettini. Stando alle perizie, l'imputato sarebbe risultato estremamente dipendente all'uso di marijuana e cocaina, sin da giovane, sebbene ci siano stati nell'arco della sua vita lunghi periodi di astinenza da sostanze stupefacenti. Ed è stata proprio la lunga astinenza, secondo lo psichiatra incaricato di effettuare le perizie, che avrebbe scatenato "un bisogno incontenibile e urgente di droga". La Procura generale di Firenze ha impugnato la sentenza di assoluzione.

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