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Alessandro morì a 10 anni davanti ai genitori: condannati i 3 medici che lo visitarono

A Lucca la sentenza del processo per la morte del piccolo Alessandro Favilla. Secondo l’accusa, il bambino accusava sintomi che avrebbero dovuto spingere i medici che l’hanno visitato a disporne il ricovero con urgenza.
A cura di Susanna Picone
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I tre medici che visitarono il piccolo Alessandro Favilla, un bambino morto a dieci anni il 25 ottobre del 2012, sono stati condannati questa mattina per omicidio colposo. La dottoressa Elisabetta Spadoni, medico dell’ex Asl2, è stata condannata a due anni di reclusione mentre il dottor Graziano Vierucci, medico dell’ospedale di Lucca, e il pediatra di famiglia, Giuseppe Fontana, sono stati condannati a un anno e quattro mesi. Le pene decise dal giudice Stefano Billet vanno oltre le richieste del pm. Alessandro morì a casa sua, sotto gli occhi dei genitori, in seguito a una crisi respiratoria. Secondo l’accusa i medici avrebbero dovuto operare con maggior prudenza viste le condizioni del giovane paziente. “Il bambino – così al processo il pm Aldo Ingangi – accusava sintomi che avrebbero dovuto spingere i medici che l’hanno visitato a disporne il ricovero con urgenza. C’è stato un misto di negligenza e di imprudenza che ha fatto loro sottovalutare una situazione grave che ha portato alla morte del bambino. Insomma, se fosse stato ricoverato almeno il 20 ottobre, Alessandro Favilla si sarebbe potuto salvare”.

Il commento dei genitori del bambino – Il bimbo nei giorni precedenti il decesso aveva una tosse che preoccupava molto i suoi familiari ma a cui i vari medici non avrebbero dato molta importanza. Negli atti del giudice è finito anche un video realizzato a scuola in cui si vede Alessandro parlare in classe interrotto da colpi di tosse secca. Al termine del processo a Lucca il giudice ha disposto una provvisionale di 250mila euro a testa per i genitori e di 50mila euro per i nonni del bambino. In lacrime i genitori del bimbo, Emanuele e Alessia Favilla. “Giustizia è fatta, se così si può dire. Nessuno potrà restituirci il nostro Ale…”, ha commentato dopo la sentenza il papà al quotidiano La Nazione. Le parti civili erano assistite dagli avvocati Enrico Marzaduri, Adele Boris e Guido Tacchi.

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