Air Arabia, incidente sfiorato a Catania: l’aereo scende a soli 12,5 metri dal mare dopo il decollo

È stata questione di secondi, appena sessanta. E di metri, dodici e mezzo per l’esattezza. Tanto è mancato, nella notte del 20 settembre, perché un Airbus A320 di Air Arabia finisse in mare subito dopo il decollo dall’aeroporto di Catania. Un volo di posizionamento, non commerciale: a bordo soltanto il comandante tunisino di 47 anni, il copilota marocchino di 36 e quattro assistenti di volo, diretti ad Amman per trasferire il velivolo.
Alle 23.56 l’aereo ha lasciato la pista 8 di Fontanarossa. Un minuto più tardi, sorvolava il mare agitato – "forza 4", annotano gli investigatori – a una velocità vicina ai 400 km/h, con la luna nuova invisibile sotto l’orizzonte e nessun riferimento naturale a illuminare la scena. Le condizioni ideali, secondo gli esperti, perché si inneschi il fenomeno del disorientamento spaziale: quando l’occhio non riesce a stabilire l’orizzonte e il cervello suggerisce un assetto che non corrisponde alla realtà.
Il Rapporto preliminare diffuso dall’Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) aggiunge però un tassello significativo: le velocità di decollo non erano state inserite nel sistema di bordo. Un’omissione che priva l’aereo di automatismi fondamentali nella fase più delicata del volo. E i piloti – afferma l’Ansv – non se ne sono accorti subito. L’aereo è sceso fino a 12,5 metri dal mare; la massima spinta viene applicata solo quando la quota risale a 49 metri. In mezzo, un crescendo di allarmi del GPWS: prima “Sink Rate”, poi “Pull Up”, infine “Don’t Sink”. Tre avvisi che segnano la traiettoria di un quasi incidente.
L’indagine, come ricorda l’Ansv, non punta ad attribuire colpe ma a prevenire futuri rischi. E proprio in quest’ottica emerge un altro elemento: la versione del software di bordo non era aggiornata. Un dettaglio non marginale, perché l’update – installato solo dopo l’episodio – avrebbe generato un allarme già all’avviamento dei motori in caso di velocità di decollo mancanti, potenzialmente evitando la sequenza critica.
A rendere più complessa l’analisi c’è una mancanza importante: le conversazioni in cabina non sono recuperabili. Il cockpit voice recorder conserva solo gli ultimi minuti e, come spesso accade se non viene disattivato dopo l’atterraggio, le registrazioni sono state sovrascritte. Rimangono però tutti i parametri tecnici, che hanno permesso di ricostruire l’evento quasi istante per istante.
Ora l’Ansv esplorerà diverse piste: la possibilità di un effettivo disorientamento spaziale, potenziali problemi di interfaccia uomo-macchina, eventuali fattori organizzativi e nuove barriere tecnologiche che possano evitare situazioni simili. L’aereo, dopo l’impennata di potenza che lo ha strappato al mare, ha proseguito il volo fino ad Amman, dove è atterrato regolarmente.