Matteo Messina Denaro

A Castelvetrano dopo la morte di Matteo Messina Denaro: “Era generoso, Napolitano era peggio”

Viaggio a Castelvetrano, il Comune della provincia di Trapani dove è nato Matteo Messina Denaro e dove sarà sepolto. Molti cittadini fanno le condoglianze alla famiglia per la morte del boss mafioso, ex superlatitante.
A cura di Luisa Santangelo
482 CONDIVISIONI
Matteo Messina Denaro
Matteo Messina Denaro
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

"Mi dispiace, condoglianze alla famiglia". A Castelvetrano non è facile trovare qualcuno che, sulla morte del boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro dica qualcosa di diverso. "Forse è paura, forse è rispetto", riflette un uomo a poca distanza dal Comune del Trapanese. Lui è originario di Mazara del Vallo, è uno dei pochi che non ha difficoltà a dire "È una liberazione".

Per il resto, sul territorio per qualcuno "Era un uomo generoso" e per qualcun altro "Era peggio Napolitano". Non per l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in sé, ma per quello che genericamente rappresenta: una Roma piena di colletti bianchi collusi, "loro non sono mafiosi?".

È questo il modo che molti cittadini della città che ha dato i natali all'ultimo capo di Cosa Nostra, ed ex superlatitante, hanno per manifestare fastidio e stanchezza: fastidio perché hanno l'impressione che sono tutti mafiosi; stanchezza perché con questo concittadino ingombrante e con la sua fama fanno i conti da troppi anni.

"Noi lo abbiamo cancellato dall'anagrafe già nel 2015, per dire che con lui non vogliamo avere niente a che fare", dice a Fanpage.it il sindaco Enzo Alfano. Arriva direttamente dal Consiglio comunale, "dove si stanno discutendo i tanti problemi che ha questa città e si sta tentando di risolverli". La sepoltura di Messina Denaro, la cui famiglia ha una cappella nel cimitero del paese, non è tra questi. "Non penso che ci saranno problemi di ordine pubblico – prosegue Alfano – Non credo che i castelvetranesi accorreranno alla tomba".

La casa di Matteo Messina Denaro
La casa di Matteo Messina Denaro

Qualcuno non si spiega nemmeno il perché del dispiegamento di forze attorno all'ospedale di L'Aquila, dove il boss è morto per un cancro all'ultimo stadio, alle prime ore di oggi, nove mesi dopo il suo arresto alla clinica La Maddalena di Palermo.

"Tutte quelle forze dell'ordine per cosa? Per una salma? Per un cadavere? Che pensavano che saremmo andati lì a dargli l'ultimo saluto?", aggiunge un anziano. "Qui per anni si sono fatte operazioni una dopo l'altra, si diceva che era sempre terra bruciata attorno a lui – dichiara – Quanti posti di lavoro si sono persi perché pare che siamo tutti prestanome di Matteo Messina Denaro?". E altri aggiungono: "Se apri un'azienda e fai il tuo lavoro qui sei mafioso".

La trattoria di uno zio della primula rossa, però, è aperta e serve i cittadini come sempre. All'interno il titolare, molto anziano, non vuole parlare. "Lasciatemi lavorare", dice. "Finalmente ce ne siamo liberati", risponde una donna mentre abbassa la saracinesca del suo centro estetico.

La liberazione è "dalla stampa" e dal continuo nominare Matteo Messina Denaro. "È urgente per questa terra che si smetta di parlare di lui. La mafia forse sarà esistita… Castelvetrano e tutta la valle del Belice vogliono andare avanti. Le persone brutte se ne sono andate", interviene in un uomo in via Alberto Mario, la strada dove, al civico 53, c'è la casa della famiglia Messina Denaro. Chiusa dai sigilli della magistratura.

"Siamo stanchi noi, sono stanchi i bambini. Non possiamo trasformare queste persone in eroi. La mafia è un atteggiamento sbagliato nei confronti della vita", semplifica. A poche decine di metri di distanza c'è la scuola intitolata a Giuseppe Di Matteo, il bambino di 12 anni, figlio del pentito Santino Di Matteo, ucciso e sciolto nell'acido per punire il genitore che aveva iniziato a collaborare con la giustizia.

Sulla facciata dell'edificio c'è un murales che lo raffigura, vittima innocente di Cosa Nostra. "Da castelvetranese, anche se da molti anni vivo al Nord, dico che ci siamo liberati di una cappa di piombo che ci opprimeva da trent'anni – è il commento di un pensionato qui in vacanza – La morte non si festeggia per definizione, però è chiaro che Castelvetrano ha pagato un prezzo intollerabile per colpa di questo signore. Io credo nelle istituzioni, credo nella magistratura, credo alle sentenze. È scomparso un grande boss mafioso che ha contribuito al disastro in Italia in tutto il secondo dopoguerra".

482 CONDIVISIONI
386 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views