Pfizergate, perché il Parlamento Ue è chiamato a votare la sfiducia contro Von der Leyen

Giovedì 10 luglio 2025 il Parlamento europeo sarà chiamato a votare una mozione di sfiducia contro Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea. Un atto che, sebbene privo di reali probabilità di passare, rappresenta un passaggio politico significativo. Al centro della contestazione c'è lo scandalo ribattezzato "Pfizergate", ovvero l'insieme di trattative riservate condotte da Von der Leyen in prima persona con il colosso farmaceutico statunitense Pfizer, durante i momenti più critici della pandemia da Covid-19.
La mozione di censura, presentata da esponenti dell'estrema destra europea, ha riacceso i riflettori su una vicenda mai del tutto chiarita, sollevando interrogativi sulla trasparenza delle istituzioni Ue, sulla gestione delle emergenze e sul ruolo personale della presidente. Ma quali sono i contorni di questo scandalo? E quanto è realmente in discussione la leadership di Von der Leyen?
Le origini del "Pfizergate"
Il cosiddetto "Pfizergate" affonda le radici nei primi mesi del 2021, quando l'Unione europea stava affrontando la fase più acuta della pandemia da Covid-19; in quel contesto, Ursula von der Leyen avrebbe condotto in modo diretto e riservato, tramite scambi di messaggi personali con l'amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, una trattativa da miliardi di euro per la fornitura di vaccini mRNA. Secondo le accuse, questi contatti sarebbero avvenuti al di fuori dei canali istituzionali, senza coinvolgere in modo trasparente né il collegio dei commissari né i servizi competenti della Commissione. La vicenda è rimasta per lungo tempo opaca: né i messaggi sono mai stati pubblicati, né è stato possibile accedere a documenti ufficiali che chiarissero le condizioni contrattuali, alimentando i sospetti e le critiche. Le indagini giornalistiche e le inchieste parlamentari hanno messo in luce la sproporzione tra il ruolo personale giocato dalla presidente e i meccanismi normalmente previsti per una negoziazione di tale portata.
La mozione di sfiducia: un'iniziativa politica dell'estrema destra
La richiesta formale di sfiducia è stata presentata nei giorni scorsi dall'eurodeputato bulgaro Gheorge Piperea, appartenente al gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr), una delle principali famiglie della destra eurocritica; dopo la raccolta delle 72 firme necessarie, la mozione è stata annunciata ufficialmente dalla presidente dell'Eurocamera, Roberta Metsola, durante la Conferenza dei Presidenti. Come da regolamento, il dibattito si terrà lunedì 8 luglio in plenaria a Strasburgo, e il voto avverrà giovedì 10. La procedura è prevista dall'articolo 131 del regolamento interno del Parlamento europeo, ma il suo esito appare al momento poco probabile: nessun gruppo parlamentare ha formalmente sostenuto la mozione, e per la sua approvazione sarebbe necessaria una maggioranza qualificata dei due terzi, un traguardo difficilmente raggiungibile.
Le posizioni dei gruppi: tra distanza tattica e allineamenti politici
L'iniziativa avrebbe spaccato i gruppi politici, senza tuttavia creare alleanze trasversali. I Socialisti e Democratici (S&D), pur duramente critici nei confronti di Von der Leyen per la recente apertura verso le destre su temi ambientali, hanno già dichiarato che non voteranno a favore della mozione: Iratxe Garcia Perez, capogruppo dei Socialisti, è stata chiara: "Noi non votiamo mai con l’estrema destra. Magari dovreste fare la stessa domanda ai Popolari, che spesso lo fanno". Anche Fratelli d'Italia, pur facendo parte dello stesso gruppo parlamentare Ecr del promotore Piperea, non ha appoggiato l'iniziativa: una presa di distanza che rivela la complessità delle dinamiche interne alla destra europea, e la posizione ancora ambigua del governo italiano nei confronti dell'esecutivo Von der Leyen. Il Partito Popolare Europeo (PPE), di cui la presidente fa parte, ha invece scelto per ora una linea di silenzio. Il sostegno a Von der Leyen insomma non è più scontato, soprattutto dopo le tensioni degli ultimi mesi, ma la mozione è considerata uno strumento davvero troppo estremo e politicizzato.
Uno scandalo ancora aperto, tra trasparenza e fiducia
Al di là del destino della mozione, il caso Pfizer resta una ferita aperta per le istituzioni europee. La mancata pubblicazione dei documenti, la reticenza della Commissione nel fornire spiegazioni dettagliate, e l'assenza di un reale dibattito politico sul tema hanno contribuito a minare la fiducia dei cittadini nell'Unione. E ora Von der Leyen, che si prepara a un possibile secondo mandato, rischia di portarsi dietro l'ombra di questa vicenda come un fardello politico; anche se sopravvivrà al voto di sfiducia, il tema della trasparenza nella gestione del potere potrebbe rimanere estremamente centrale nella legislatura appena iniziata.
Il voto del 10 luglio insomma non cambierà probabilmente la guida della Commissione, ma segnerà comunque un passaggio politico rilevante. È la prima volta cheVon der Leyen viene messa formalmente sotto accusa dal Parlamento per il suo operato. Ed è la prima volta che un tema come la trasparenza nei rapporti tra istituzioni pubbliche e grandi aziende private arriva al centro dell'agenda europea in modo così diretto. In un contesto politico già segnato da nuove alleanze e da uno spostamento a destra del Parlamento, la mozione rappresenta dunque un campanello d'allarme: per la Commissione, ma anche per l'intero progetto europeo, che ha bisogno più che mai di legittimità, controllo democratico e fiducia.