Chi sono e quanti i cittadini che potrebbero diventare italiani con il Referendum 2025

Pochi giorni e gli italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi su cinque referendum, tra cui quello sulla cittadinanza, che chiede di dimezzare i tempi di residenza legale e ininterrotta in Italia da 10 a 5 anni. Una modifica che inciderebbe parecchio sulla vita di tutti quegli italiani di fatto, che da tempo vivono integrati nel nostro Paese, e che si ritrovano a dover affrontare una procedura lunghissima per essere considerati cittadini davanti alla legge. Oggi per diventare cittadino, lo straniero maggiorenne deve aver risieduto continuativamente in Italia per dieci anni, al termine dei quali può – se rispetta tutti gli altri requisiti, come la conoscenza della lingua o l'assenza di precedenti penali – può richiedere la cittadinanza. Questa procedura però ha un iter lungo, che può durare dai tre ai quattro anni. Così, come ci ha raccontato chi questa Odissea l'ha vissuta in prima persona, il tempo da attendere prima di diventare cittadini a tutti gli effetti può allungarsi fino a tredici o quattordici anni. Un'attesa estenuante che questo referendum chiede di alleggerire riducendo gli anni di soggiorno legale. Ma effettivamente quanti sono i potenziali beneficiari di questa piccola modifica? Quasi un milione e mezzo.
Lo ha calcolato Svimez nella sua analisi da cui emerge che, nel caso in cui il referendum raggiunga il quorum e vinca il Sì, coloro che potrebbero beneficiare della riforma sono in tutto 1.417.374. Di questi nuovi cittadini italiani 1.231.317 vivono tra il Centro e il Nord Italia, gli altri 204.003 al Mezzogiorno. Tra loro ci sono tantissimi ragazzi e ragazzi che non hanno ancora compiuto 18 anni e che attendono la cittadinanza. Secondo i dati infatti, i minorenni sarebbero circa 291mila, la maggior parte proveniente dal area del Centro-Nord.

La distribuzione disomogenea tra Nord e Sud Italia riflette "sia la geografia demografica del Paese, sia il grado di attrattività delle diverse province italiane in relazione alle opportunità occupazionali e alle condizioni retributive offerte ai migranti", spiegano da Svimez. Non è un caso che la concentrazione più elevata si abbia proprio nelle grandi città come Roma o Milano, dove i potenziali beneficiari si aggirano rispettivamente attorno ai 157mila e 134mila. Ma sono molti anche coloro che ne beneficerebbero dalla provincia. Ad esempio, Svimez calcola se sarebbero più di 50mila da Brescia, e oltre 40mila sia da Bergamo che da Firenze. Al Sud, è Napoli la provincia che conta il maggior numero di potenziali beneficiari, circa 39mila, seguita da Bari.
Per quanto riguarda i più piccoli, che ancora non hanno compiuto 18 anni ma potrebbero essere interessati dalla riforma referendaria, la maggior parte di loro proviene da Milano e Roma, rispettivamente 33mila e 25mila. Questi potrebbero acquisire la cittadinanza italiana per trasmissione diretta dai genitori o, raggiunta la maggiore età, tramite richiesta appunto. Per province come Modena, Verona, Bologna e Venezia, le stime parlano di un bacino che va dai 7mila ai 12mila ragazzi e ragazzi.
Secondo l'Associazione, se il quesito passasse rappresenterebbe "il punto di partenza simbolico per avviare un percorso coerente e duraturo di rafforzamento del fondamento democratico del Paese e potenziamento della coesione e della giustizia sociale". Garantire i diritti di cittadinanza agli stranieri e ai loro figli non solo è un "fondamentale strumento di inclusione" ma "permette di migliorare le prospettive demografiche dei prossimi anni". Come ricorda anche Svimez, l'Italia si trova in uno stato di profonda crisi demografica, certificata dalle previsioni dell'Istat che hanno fatto segnare un nuovo record negativo nell'ultimo anno."Questi cambiamenti, senza correttivi immediati e scelte politiche ambiziose, produrranno effetti dirompenti sui sistemi sociali e sanitari di tutti i territori, anche all’interno di orizzonti temporali relativamente stretti. Oltre a garantire la dimensione critica per la tenuta dei servizi essenziali in numerose aree del Paese a rischio desertificazione dalla riforma referendaria possono derivare rilevanti effetti positivi per invertire la tendenza migratoria, incrementare l’attrattività dei territori e incidere fattivamente sul contenere la crisi demografica del prossimo futuro", si legge nello studio.
Conferire lo status giuridico di cittadini dopo 5 anni di residenza anziché 10 avrebbe delle ricadute positive anche sulla scuola. Svimez osserva infatti, che "le proiezioni demografiche al 2035 indicano un calo del 14,2% della popolazione minorile italiana, con picchi negativi nel Sud e nelle isole: -26% in Sardegna, -19,1% in Basilicata, -17,6% in media nel Mezzogiorno". Di conseguenza, "la presenza di nuove famiglie aiuterebbe a spezzare il circolo vizioso tra spopolamento e riduzione dei servizi essenziali, a partire dall’istruzione, scongiurando il rischio di chiusura delle scuole primarie nelle aree più marginali del Paese". Tanto più se si considera che in Italia ci sono almeno 3mila Comuni, le cui scuole elementari sono a rischio chiusura a causa della mancanza di alunni e dove la presenza di bambini stranieri è fondamentale. Il referendum "può rappresentare un incentivo concreto per le famiglie straniere a stabilirsi in queste aree, dove l’accoglienza dei migranti è un fattore decisivo per mantenere e rafforzare la “dimensione critica” necessaria a garantire i servizi essenziali per tutti i cittadini, per nascita e naturalizzazione", sottolineano.