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Come funzionerà il nuovo redditometro del governo Meloni e perché il centrodestra litiga

Un nuovo decreto dà le indicazioni per rilanciare il redditometro, con cui il Fisco potrà verificare se le spese di una persona sono in linea con il suo reddito dichiarato. Forza Italia e Lega si sono opposti subito alla norma, ma il governo ha spiegato che è solo un provvedimento tecnico, che tutela i contribuenti.
A cura di Luca Pons
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Un decreto ministeriale, varato dal viceministro all'Economia Maurizio Leo, ha mandato in tilt la maggioranza. Ieri, quando si è diffusa la notizia del ritorno del redditometro – uno strumento con cui l'Agenzia delle Entrate può dedurre il reddito di una persona basandosi sulle sue spese, e poi verificare se questo coincide con la dichiarazione dei redditi – la reazione di Lega e Forza Italia è stata immediata, con la richiesta di ritirare il decreto. Un intervento dello stesso Leo ha poi cercato di calmare le acque, chiarendo che si tratta semplicemente di un atto tecnico che serviva – al contrario – per "mettere finalmente dei limiti" ai controlli dell'Agenzia delle Entrate.

Come funziona il redditometro

Sostanzialmente, il redditometro è quel metodo che permette al Fisco di analizzare le spese di ciascun contribuente e della sua famiglia, utilizzando i dati che ha già a disposizione. L'elenco delle spese che si possono prendere in considerazione è piuttosto ampio, e lo ha definito proprio il decreto del governo Meloni. Sono incluse tutte le spese per abitazione, alimentari, abbigliamento, gas e luce, ma anche trasporti, spese sanitarie, acquisti. particolari come quelli degli elettrodomestici. Sono inclusi anche buona parte degli investimenti – ad esempio quelli immobiliari -, i risparmi e gli altri versamenti.

Si terrà conto di tutti questi elementi, partendo dalla spesa minima presunta che l'Istat indica nelle sue indagini sulle spese delle famiglie e facendo una somma: l'insieme delle spese accertate, più quelle presunte in base alle stime Istat, più quelle dei familiari a carico, più le spese considerate essenziali per avere uno standard di vita "minimamente accettabile", e ancora gli investimenti e i risparmi. Fatto questo, l'Agenzia potrà quindi effettuare una stima: se una persona (e la sua famiglia) ha speso una certa somma, il suo reddito dichiarato dovrà essere più o meno in linea.

Se invece la dichiarazione dei redditi è molto più bassa (almeno il 20% in meno), qualcosa non torna, e il Fisco chiederà spiegazioni. Il contribuente avrà la possibilità di contraddittorio in due fasi separate, quando l'Agenzia raccoglie i dati e quando il reddito sarà stimato. In entrambi i momenti, le eventuali informazioni date dal contribuente saranno sempre tenute più in considerazione rispetto alle spese presunte. La persona interessata potrà fornire documenti o altre prove per dimostrare che quelle spese si possono spiegare con il suo reddito – ad esempio perché sono state effettuate con risparmi degli anni precedenti, o perché una parte delle sue entrate è esente da imposte e non va dichiarata al Fisco. Se non riuscirà a farlo, scatterà l'accertamento

Perché la maggioranza si è spaccata

Ieri, ai microfoni dei cronisti – inclusi quelli di Fanpage.it – i parlamentari della Lega e di Forza Italia hanno immediatamente reagito. Il redditometro, infatti, era una misura diventata nota soprattutto negli anni dell'ultimo governo Berlusconi (nel 2010), del governo Monti e poi del governo Renzi che nel 2015 lo modificò. In questi ultimi due casi, il centrodestra si era opposto alla misura. Rilanciarla adesso, almeno in apparenza, e a poche settimane dalle elezioni europee, ha dato agli alleati l'opportunità per una levata di scudi.

Paolo Barelli, capogruppo di FI alla Camera, ha attaccato: "Per noi non ci sono spiegazioni che tengano, siamo sempre stati contro questo provvedimento che non appartiene alle corde del centrodestra. Da quello che noi abbiamo compreso, il decreto va ritirato". E gli ha fatto eco il capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari: "La Lega si è sempre battuta per un sistema fiscale più equo e sburocratizzato. Per questo siamo assolutamente contrari alla proposta di reintroduzione del redditometro, perché non pensiamo che il modo di contrastare l'evasione fiscale sia il Grande fratello per tutti".

Dalle voci più ‘tecniche', però, è arrivato un invito alla calma. Massimo Garavaglia, presidente leghista della commissione Finanze al Senato, ha detto a Fanpage: "Non è il redditometro di Renzi, quello lì è stato abolito. [Leo] semplicemente mette dei normali metodi per valutare come fare gli accertamenti. Ma è logico. È finita la pandemia, siamo alla normalità. Bisogna leggere le carte prima di commentare".

Chi ha ragione: la risposta del governo

Sfogliando il decreto in questione, che è già stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, l'introduzione dà una spiegazione sulla necessità di questo provvedimento. Si ricostruisce, infatti, che fin dal 1973 il Fisco ha il potere di presumere un certo reddito, e che nel 2010 questo è stato potenziato (governo Berlusconi). Poi è arrivato l'intervento del governo Monti nel 2012 per chiarire i paletti che l'Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto seguire, e nel 2015 una nuova modifica del governo Renzi.

Nel 2018, il primo governo Conte aveva cancellato il decreto del 2015, ma così il redditometro era rimasto sospeso: non cancellato, ma semplicemente privo di indicazioni su quali spese potessero essere utilizzate e quali no. Il governo Conte aveva anche previsto che servisse un nuovo decreto per indicare questi paletti, che però non è mai arrivato. Questo è anche ciò che ha dichiarato lo stesso viceministro Leo: "Il decreto ministeriale pubblicato in questi giorni in Gazzetta mette finalmente dei limiti al potere discrezionale dell’Amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico". Il decreto sarebbe servito a "correggere una stortura che si è creata nel 2018", quando "invece di favorire il contribuente, si è creato un vuoto nei limiti all’azione dell’amministrazione finanziaria nell’applicazione dell’accertamento sintetico, introducendo di fatto un meccanismo di redditometro permanente e senza alcuna limitazione".

La stessa spiegazione data da Luigi Marattin, deputato di Italia viva: "Il redditometro fu tolto nel 2018 per un motivo semplice: non funzionava. Era molto dispendioso e ha dato come risultato 7 milioni di euro di gettito recuperato. È uno strumento a combattere l'evasione? No, perché è troppo rozzo". La risposta di Leo dunque è corretta: "Era un circolo amministrativo che andava chiuso, l'impressione poi è che ci sia un cervello all'Agenzia che fa delle cose più o meno di routine, e non ci sia il controllo politico per capire esattamente cosa sta succedendo. Anche perché, tolto Leo ovviamente, non sono in troppissimi a capirci qualcosa. È quello che accade quando tu non hai una classe dirigente a governare, ma hai una banda di influencer".

Meloni: "No a Grande fratelli fiscale, se sono servono cambiamenti sarò la prima a chiederli"

"Mai nessun ‘grande fratello fiscale' sarà introdotto da questo governo. Sono sempre stata contraria a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune". Così Giorgia Meloni ha preso posizione nel dibattito, con un post sui social. "Sull'ultimo decreto recentemente varato dal Mef, che negli intendimenti delimita l'azione di verifica dell'amministrazione finanziaria, mi confronterò personalmente con il viceministro Leo, al quale ho chiesto anche di venirne a riferire al prossimo Consiglio dei ministri", ha fatto sapere la presidente del Consiglio, che ha concluso: "Se saranno necessari cambiamenti sarò io la prima a chiederli.

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