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Svolta nel caso Unabomber, c’è il Dna dell’attentatore: “Estratto dall’analisi di vecchi reperti”

Secondo quanto riportano alcuni organi di stampa, ci sarebbe la svolta nel caso dell’attentatore che seminò il terrore nel Nord Est d’Italia dal 1994 al 2007: “C’è il Dna del responsabile, ottenuto dall’analisi di vecchi reperti, estratto alla luce di nuove tecniche investigative”.
A cura di Ida Artiaco
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Il caso Unabomber sarebbe vicinissimo a una clamorosa svolta. Almeno, è questo che riportano oggi alcuni quotidiani del Gruppo Nem, che in esclusiva hanno rivelato che "c'è il Dna" dell'attentatore che seminò il terrore nel Nord Est dell'Italia dal 1994 al 2007.

Anche se ufficialmente sul caso è tenuto il massimo riserbo da parte degli inquirenti, il Dna in questione, è precisato, è stato ottenuto dall'analisi di vecchi reperti, estratto alla luce di nuove tecniche investigative e ricordando che in passato gli investigatori avevano rilevato un'impronta parziale su un nastro adesivo. Alcuni di questi reperti sono stati sottoposti a un'analisi più completa e approfondita, in merito agli attentati compiuti dal 1994 al 1996 e dal 2000 al 2006 nelle province di Pordenone, Udine, Treviso e Venezia. Tra questi, ci sarebbero formazioni pilifere celate da una bomboletta di stelle filanti, un uovo, un tubo filettato, nastri isolanti sequestrati intatti da confezioni di pomodoro e di maionese, rilievi dattiloscopici, un inginocchiatoio, una scatoletta di sgombro, un congegno inserito sotto la sella di una bicicletta, una bottiglia di Coca Cola.

L'inchiesta su Unabomber è stata riaperta nel 2022 in seguito a quanto rilevato dal giornalista Marco Maisano, che stava lavorando a un podcast sull'argomento, e due delle vittime, Francesca Girardi e Greta Momesso, che hanno chiesto e ottenuto di riesaminare alcuni reperti, dai quali avrebbero rilevato tracce interessanti, tanto da far, appunto, riaprire il corposo fascicolo. In esso figurano i nomi di 32 persone (di cui una è deceduta), molte delle quali hanno acconsentito al prelievo del Dna.

I periti del gip, Giampietro Lago ed Elena Pilli, quest'ultima già consulente nel caso Yara Gambirasio, lo scorso marzo avevano deciso di comparare con i dieci reperti il Dna di un’altra quindicina di persone residenti nelle province di Pordenone e Udine, sospettate all’epoca e poi non ritenute rilevanti per le indagini. Si ricordi che al momento ci sono 11 indagati noti dell'inchiesta.

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