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Vicenza, shock in ospedale: foto di una donna morta inviata via Whatsapp per divertimento

Non solo la “sfida” a chi infilava la cannula più grande nelle vene dei pazienti. Tra le foto che si scambiavano due medici e sei infermieri dell’ospedale San Bortolo di Vicenza anche quella di una donna morta con vistose fratture agli arti inferiori.
A cura di D. F.
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Fotografava cadaveri per puro divertimento: protagonista dell'orrenda iniziativa una delle infermiere coinvolte nella cosiddetta "gara degli aghi", la presunta sfida sulle cannule da infilare nelle vene dei pazienti dell'ospedale San Bortolo di Vicenza. Come rivela il "Giornale di Vicenza" la nuova incredibile ipotesi è emersa durante l'incontro fra il primario Vincenzo Riboni e gli “Amici di Maria” – così era stato chiamato il gruppo whatsapp di cui facevano parte i membri del personale sanitario coinvolti – all'indomani della scoperta della chat incriminata. I contorni generali della storia sono già noti. Un infermiere – temendo che la sfida stesse diventando troppo rischiosa – prende le distanze dal gruppo dei colleghi, racconta al primario la trama della "contesa" organizzata da due dottori e sei infermieri durante una cena, e consegna gli screenshot dei whatsapp inviati dagli smartphone ininterrottamente dalle 16,29 alle 20,25 di un giovedì pomeriggio.

"Gara" tra infermieri: circolava anche la foto di un cadavere

Ebbene, a quanto pare non sarebbero circolate solo foto di cannule degli aghi infilate nelle vene dei pazienti ma, in almeno un caso, anche lo scatto di un'anziana arrivata morta al pronto soccorso con vistose fratture alle gambe. Anche questa immagine sarebbe stata fatta circolare nella bizzarra sfida tra personale sanitario. Resta ora da capire se il comportamento degli infermieri costituisca un reato oppure si tratti soltanto di un atteggiamento molto discutibile, ma perfettamente lecito: al momento non ci sarebbe alcuna prova che gli accusati abbiano realmente utilizzato aghi e cannule sovradimensionati senza che ce ne fosse il bisogno e solo per vincere la competizione; nessun paziente, inoltre, ha mai riferito di essersi sentito "usato" o deriso o danneggiato.

Nursind: "L’ipotesi di una gara è stata presente solo nella mente di chi ha accusato"

Quanto accadeva all'ospedale San Bortolo di Vicenza, al di là dell'eventuale rilevanza penale, è però certamente una questione di etica e un fatto che incrina il rapporto di fiducia tra personale medico e infermieristico e soggetti deboli come i pazienti. In questo quadro è ieri intervenuto anche il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega: “Il documento ufficiale di chiusura del provvedimento, che è la versione ufficiale dell’Ulss 6, dimostra che le accuse rivolte sono frutto di una intenzionale volontà di riferire circostanze non vere. L’ipotesi di una gara è stata presente solo nella mente di chi ha accusato. Convocati a gennaio ed ignari di cosa fossero chiamati a rispondere, i dipendenti hanno negato la versione dei fatti che si voleva loro attribuire. Non c’è stata la volontà di ascoltare, bensì solo quella di colpire indipendentemente dalla verità”. Il sindacato ha quindi concluso: “Gli otto sono stati giudicati e assolti, chi non è stato giudicato è chi ha dichiarato il falso, chi infanga il buon nome della sanità pubblica, dell’ospedale di Vicenza e dei suoi dipendenti”.

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