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Sud Sudan, esplode la violenza tra le tribù, in migliaia in fuga

Circa seimila uomini armati hanno attaccato Pibor riducendola ad una città fantasma; 50 000 persone sono in fuga dai propri villaggi, costretti a nascondersi tra la vegetazione mentre due strutture sanitarie di Medici Senza Frontiere della zona sono state saccheggiate e danneggiate.
A cura di Nadia Vitali
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Circa seimila uomini armati hanno attaccato Pibor riducendola ad una città fantasma, 50 000 persone sono in fuga dai propri villaggi, costretti a nascondersi tra la vegetazione mentre due strutture sanitarie di Medici Senza Frontiere della zona sono state saccheggiate e danneggiate.

La scintilla della violenza sarebbe tutta da cercare in un furto di bestiame; così si sarebbero accesi gli antichi rancori tribali tra i Nuer ed i Murle, scatenando l'odio in quell'Africa che sembra, ancora una volta, lontana dalla storia e dalla contemporaneità, dove la «guerra» può accendersi in un istante a colpi di armi di ogni tipo e capanne bruciate, spingendo migliaia di persone, strappate d'improvviso dalle proprie case, ad una repentina fuga nella selva, con la speranza che la vegetazione possa nascondere dalla furia dei seimila uomini armati che stanno compiendo razzie in tutta la zona.

Scappati in tutta fretta dalle rappresaglie tribali, migliaia di individui (si stima tra i 20000 ed i 50000) privi di un riparo e, soprattutto, di cibo e di acqua; alcuni di essi, probabilmente, hanno riportato ferite, traumi e lesioni nel corso della fuga e ora sono abbandonati nella selva, impossibilitati a ricevere assistenza sanitaria e con il terrore di essere, da un momento all'altro, scoperti dai nemici scatenatisi in tutta la loro follia di guerra.

Il villaggio di Lekongole è stato letteralmente raso al suolo mentre il centro abitato di Pibor è ormai ridotto ad una «città fantasma», deserta dopo che tutti sono fuggiti nei dintorni, secondo quanto riportato dagli operatori di Medici Senza Frontiere presenti sul posto; le stesse strutture sanitarie dell'organizzazione internazionale sarebbero state attaccate nel corso dei violenti scontri. Il 27 dicembre è stata danneggiata e saccheggiata la clinica di Lekongole, il 31 il piccolo ospedale di Pibor; mentre un terzo centro ospedaliero collocato nella città di Gumruk resta al momento non colpito.

Le strutture di MSF costituiscono l'unica risorsa sanitaria del territorio nel raggio di almeno cento chilometri e, in particolare, sono presenti nel Sud Sudan da circa trent'anni, offrendo assistenza medica totalmente neutrale a chiunque si rivolga ad esse; attualmente con alcuni operatori umanitari internazionali non è stato ancora possibile prendere contatti e si sospetta che, anch'essi, siano dovuti fuggire con famiglie e vicini; l'organizzazione è ragionevolmente preoccupata per la sicurezza dei propri collaboratori ed è in attesa di notizie che aiutino a rintracciarli.

L'esercito del Sud Sudan, neo-stato indipendente nato da un referendum svoltosi durante l'estate del 2011, avrebbe promesso di inviare dalla capitale Giuba unità di rinforzo per l'esercito che aiutino a fronteggiare l'emergenza nella regione di Jonglei, dove si stanno verificando gli scontri. Per il momento la situazione resta gravissima, con due ospedali attaccati e migliaia di persone in fuga dall'orrore.

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