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Si sentiva perseguitato, spara a un’amica e a una bambina di 7 anni e poi si uccide

Un uomo di 57 anni ha sparato a un’amica e alla figlia di lei nel parcheggio di un centro sportivo. La piccola, di 7 anni, è morta sul colpo, mentre la madre è ricoverata in gravi condizioni. Secondo la polizia, il killer era convinto che qualcuno lo stesse perseguitando.
A cura di C. T.
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Timothy Nelson Obeshaw, un uomo americano di cinquantasette anni della cittadina di Taylor, nel Michigan, ha sparato a un'amica Sharon Watson, di trentasette anni, ferendola gravemente, e alla figlia di lei, Emma, di sette anni. La bambina è morta sul colpo. Successivamente l'uomo ha puntato l'arma verso di sè e si è tolto la vita. L'episodio è successo giovedì sera intorno alle 20 e 30 nel parcheggio di un centro sportivo, dove la bambina aveva da poco terminato gli allenamenti. Secondo le prime ricostruzioni, Obeshaw avrebbe sparato un colpo di pistola alla testa della bambina, uccidendola, mentre questa si trovava dentro la macchina con la madre. Subito dopo ha aperto il fuoco contro la donna, prima di suicidarsi con la stessa arma, una pistola acquistata e detenuta legalmente. Sharon Watson si trova adesso ricoverata in prognosi riservata e dovrà essere sottoposta a un nuovo intervento. Le sue condizioni sono gravi, ma stabili.

Il capo della polizia di Taylor, Mary Sclabassi, ha riferito durante una conferenza stampa che il killer soffriva di disturbi mentali e paranoia. "Pensava che qualcuno lo stesse perseguitando", ha spiegato. Gli agenti hanno anche riscontrato che l'uomo fosse convinto che qualcuno stesse cercando di controllare la sua mente. "Purtroppo questo accadeva a causa della sua instabilità mentale – ha detto Sclabassi – e adesso c'è una bambina che voleva semplicemente giocare a calcio e non tornerà più a casa".

Testimoni al centro sportivo hanno detto che Obeshaw aveva interagito con Emma quel pomeriggio, e sembrava sinceramente contento di vederla. Secondo quanto ricostruito, infatti, il cinquantasettenne era un amico della famiglia Watson e conosceva bene la bambina. Secondo l'allenatore di Emma, Obeshaw avrebbe addirittura abbracciato la piccola pochi minuti prima di ucciderla.

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