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Più di 9.5 milioni di italiani sono a rischio povertà

È sempre più estesa l’area di disagio sociale: da settembre 2014 a settembre 2015 altre 283mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia.
A cura di Susanna Picone
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Oltre 9,5 milioni di italiani non ce la fanno e sono a rischio povertà. Nonostante gli ultimi dati sulla disoccupazione, secondo Unimpresa, risulta sempre più estesa l’area di disagio sociale. La disoccupazione non è infatti l'unico parametro per verificare quanto effettivamente una famiglia sia in difficoltà. Da settembre 2014 a settembre 2015 altre 283mila persone sono entrate nel bacino dei deboli in Italia: complessivamente, adesso, si tratta di 9 milioni e 533 mila persone in difficoltà. Secondo i dati Unimpresa per comprendere quanto sia estesa la platea degli italiani in crisi bisogna guardare, oltre ai disoccupati, ad ampie fasce di lavoratori in condizioni precarie o economicamente deboli. Agli oltre 3 milioni di persone che non hanno un lavoro bisogna dunque aggiungere quelli che hanno contratti a tempo determinato, sia i part time (740mila persone) che quelli a orario pieno (1,83 milioni); i lavoratori autonomi part time (821mila), i collaboratori (346mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,68 milioni). Si tratta di persone che hanno un lavoro ma prospettive incerte circa la stabilità dell'impiego o con retribuzioni contenute: un totale di 6.43 milioni di soggetti.

Il commento del presidente di Unimpresa – “Alle famiglie e alle imprese finora sono arrivati pochi fondi e mal distribuiti. Offriamo al governo, ai partiti e alle istituzioni, i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese: il 2015 si è chiuso con una crescita del pil, ma è troppo modesta e c'è ancora molto da fare e la ripresa deve essere più consistente”, è il commento del presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Può apparire anomalo – ha aggiunto – che un'associazione di imprese analizzi il fenomeno dell'occupazione, quasi dal lato del lavoratore. Ma per noi la persona e la famiglia sono centrali da sempre, perché riteniamo che siano il cuore dell'impresa. Bisogna poi considerare che l'enorme disagio sociale che abbiamo fotografato ha conseguenze enormi nel ciclo economico: più di 9 milioni di persone sono in difficoltà e questo vuol dire che spenderanno meno, tireranno la cinghia per cercare di arrivare a fine mese. Tutto ciò con effetti negativi sui consumi, quindi sulla produzione e sui conti delle imprese”.

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