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Opinioni

Perché gli italiani non sono soddisfatti delle loro vite

Quanto sono soddisfatti gli italiani della loro vita? Cosa davvero differenzia la percezione delle persone? Qualche numero può aiutare…
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A cadenza più o meno regolare escono le “classifiche” che misurano il “livello di felicità” della popolazione, basate soprattutto su indicatori che fanno riferimento alla “percezione individuale o di gruppo”. Rilevazioni che acquistano rilievo soprattutto se comparate con parametri “oggettivi” sulla qualità della vita e che consentono di fotografare “lo stato di salute complessivo” della popolazione. Nel suo ultimo rapporto l’Istat si sofferma a lungo su tali aspetti, con un monitoraggio che restituisce dati decisamente interessanti.

A muovere l’analisi dell’Istituto nazionale di statistica è in primo luogo la consapevolezza che “i giudizi delle persone sul livello di soddisfazione per la propria vita, nel suo complesso e nei diversi ambiti in cui può essere analizzata, forniscono indicazioni anche sulle condizioni di vita prevalenti in un territorio, soprattutto se interpretati sulla base delle caratteristiche degli individui e del contesto in cui risiedono e lavorano”. Di conseguenza la valutazione soggettiva della soddisfazione è un indicatore importante, soprattutto perché influenza il raggiungimento di obiettivi, la realizzazione di aspirazioni e sogni, il giudizio sulla propria esperienza di vita. Gli ambiti sui quali l’Istat ha chiesto un’opinione sono: la situazione economica, la salute, le relazioni familiari, le relazioni amicali ed il tempo libero; il territorio è stato suddiviso in 7 macro-aree, o meglio, sette sistemi sistemi locali: le città del Centro Nord (che include le principali realtà urbane Roma, Milano, Torino, Bologna, Firenze, Genova, Venezia, Trieste, un aggregato che comprende 18 milioni di persone), la città diffusa, che comprende 12 milioni di persone e rappresenta un gruppo di sistemi locali del centro – nord (sistemi locali del Nord-est, dell’area padana lombardo-emiliana e del litorale marchigiano, pontino e abruzzese); il “cuore verde”, che ospita circa 10 milioni di persone e include le aree montane a spiccata vocazione turistica delle Alpi e degli Appennini con le fasce collinari della Toscana e dell’Umbria; i “territori del disagio”, che includono alcune realtà urbane meridionali (conurbazione napoletana, area urbana di Palermo e, in Puglia, i sistemi locali urbani litoranei a nord di Bari); gli altri centri urbani meridionali, che presentano caratteristiche diverse da quelle tipiche delle città del Centro-nord (appartengono a questo gruppo i sistemi locali di Caserta, Salerno, Taranto, Brindisi, Messina, Catania, per un totale di 4,7 milioni di abitanti); il Mezzogiorno interno che comprende i sistemi locali di tre gruppi affini, prevalentemente localizzati lungo la dorsale appenninica peninsulare tra il Lazio interno e la Lucania, in Calabria e Sicilia (soprattutto nelle aree interne), e in Sardegna; l’altro Sud contiene sistemi prevalentemente concentrati in Sardegna, sistemi siciliani dell’entroterra etneo, pugliesi della Capitanata e sistemi della Calabria ionica (una base demografica di 6,8 milioni di residenti, dispersa in piccoli centri rurali o litoranei).

Vediamo nel dettaglio cosa dicono gli italiani:

 

Sostanzialmente, dunque, il grado di soddisfazione prescinde dalla tradizionale localizzazione geografica ed è maggiormente connesso alla forma di urbanizzazione e alla dimensione dei centri abitati, oltre che all'età dell'individuo (la possibilità di essere molto soddisfatti della propria vita decresce con l'aumentare dell'età, in particolare nel Mezzogiorno). In ogni caso, tra i fattori che incidono in misura maggiore sul livello di soddisfazione per la propria vita prevalgono la condizione economica e lo stato di salute (che complessivamente incidono per l'ottanta percento sulla valutazione totale).

Da un certo punto di vista, del resto, le due cose risultano collegate, dal momento che una condizione economica disagiata fa aumentare il rischio di cattiva salute. Ma ad essere avvertita con particolare nitidezza, soprattutto nei territori del disagio, nel Mezzogiorno interno e nelle città meridionali è la forte disuguaglianza di reddito e la persistenza di nuclei familiari a grave deprivazione materiale.

Da un certo punto di vista, del resto, le due cose risultano collegate dal momento che una condizione economica disagiata fa aumentare il rischio di cattiva salute. Ma ad essere avvertita con particolare nitidezza, soprattutto nei territori del disagio, nel Mezzogiorno interno e nelle città meridionali è la forte disuguaglianza di reddito e la persistenza di nuclei familiari a forte deprivazione materiale.

Ancora una volta si torna ad un concetto di fondo: è la percezione della disuguaglianza a “mortificare” chi vive in condizioni disagiate. Percezione del tutto legittima, si badi bene, considerando che negli anni della crisi l’indice di Gini sulla diseguaglianza nella distribuzione del reddito è cresciuto in tutti i Paesi occidentali ed in Italia in particolare. È un aspetto essenziale, perché, come nota Festa su LaVoce, “l’aumento delle disparità nella distribuzione del reddito incide negativamente sullo sviluppo delle capacità lavorative di coloro che provengono da nuclei familiari con scarsi livelli di istruzione, perché per loro diminuiscono le opportunità di istruzione di grado elevato, di carriera lavorativa e di mobilità sociale”. E recentemente Salvatore Morelli, sempre su LaVoce, ha ribadito: “La ricchezza è inoltre sostanzialmente legata allo status sociale e al «potere» (la classifica dei Paperoni mondiali stilata da Forbes è basata sulla ricchezza) e può essere trasferita alle generazioni successive: in questo modo si generano enormi vantaggi ereditati, si ampliano sostanzialmente le disuguaglianze di opportunità nell’economia e si riducono al contempo le prospettiva di crescita”.

Insomma, possiamo girarci intorno quanto volete, ma la sostanza resta sempre la stessa: se non c'è redistribuzione della ricchezza aumenta la disuguaglianza sociale. E diminuisce la felicità degli individui. Se non c'è sicurezza economica, diminuisce anche la "voglia" di costruirsi un futuro migliore. Se vi pare poco…

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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