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“Non sono un mostro”, suicida 52enne condannato per maltrattamenti in casa di cura

L’uomo era un ex educatore della casa di cura La Consolata di Borgo D’Ale, in provincia di Vercelli, finita al centro di una bruttissima vicenda di abusi e maltrattamenti e per questo condannato a 4 anni e 6 mesi.
A cura di Antonio Palma
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Una delle immagini delle violenze
Una delle immagini delle violenze

Sono stato dipinto come un mostro, ma io non sono così", sono queste le ultime parole rivolte ad un amico da un 52enne di origine polacca prima di suicidarsi oggi nella sua abitazione nel Vercellese dove risiedeva da molti anni. L'uomo è stato ritrovato impiccato questo pomeriggio nel giardino della sua casa a poche ore di distanza da quello sfogo rivolto ad un amico a cui stava casa di  raccontando la sua difficile situazione personale e giudiziaria. Il 52enne infatti è Wlodzimier Wieslaw Winkler, un ex educatore della casa di cura La Consolata di Borgo D'Ale, in provincia di Vercelli, finita al centro di una bruttissima vicenda di abusi e maltrattamenti nei confronti di anziani e disabili ospiti della struttura.

Il 55enne, come tanti altri suoi colleghi, era stato coinvolto direttamente nell'inchiesta della Procura piemontese che lo accusava di maltrattamenti e aveva cercato di difendersi in aula scegliendo il processo col rito abbreviato. Durante l'udienza dello scorso 8 settembre il Giudice per le udienze preliminari Giovanni Campese però aveva condannato tutti i diciotto imputati tra operatrici soci assistenziali, infermiere ed educatori che operavano nel reparto La Rosa della struttura di cura, stabilendo un totale di quarantanove anni di pena. Tra i condannati anche il 52enne polacco, condannato a 4 anni e 6 mesi, tra le pene più severe. Per lui e gli altri si apriva ora il capitolo dei risarcimenti in sede civile dopo che erano state già stabilite alcune provvisionali.

Contro di lui e gli altri addetti i pm avevano mostrato filmati ed intercettazioni frutto di un’indagine lunga mesi porta avanti dagli uomini della questura di Vercelli.  L'inchiesta era partita ad agosto dello scorso anno a seguito di un denuncia del padre di una delle pazienti ospitate nella casa di cura. La polizia quindi aveva installato le telecamere tenute in funzione per alcun mesi fino al blitz scattato nel febbraio scorso. "Siamo pienamente soddisfatti della sentenza perché è stata del tutto accolta la nostra linea accusatoria, tanto che sono state comminate pene più severe da quelle richieste dal pubblico ministero" avevano esultato i pm.

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