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No Imu day: così Renzi realizza il sogno di Berlusconi e l’incubo di Monti

Oggi il Governo festeggia il No Imu day: ma è davvero giusto eliminare la tassazione sulla prima casa?
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Dal 16 giugno 2016 niente tasse sulla prima casa per gli italiani. Entro oggi, infatti, quasi 25 milioni di italiani sono tenuti a corrispondere la prima rata d’acconto Imu (l’Imposta municipale unica) e Tasi (tassa sui servizi indivisibili, l’illuminazione, le strade eccetera), sulle seconde case o se si possiede un unico immobile ma non  a scopo abitativo. Ma non più sulla prima casa, anche se si è solo inquilini e non proprietari. La misura riguarda poco meno di 20 milioni di italiani, che in media risparmieranno ora dai 191 ai 203 euro (i risparmi maggiori si registrano nelle grandi città, 403 euro a Torino, 313 a Roma e 309 a Napoli).

I festeggiamenti di Matteo Renzi, che "celebra" oggi il No Imu day, non potevano far altro che riaprire una vecchia e controversa diatriba sulla sua “somiglianza / vicinanza” a Silvio Berlusconi, che per un breve periodo lo ha anche sostenuto alla guida del Governo. La questione, in realtà, è molto complessa ed interessante, dal momento che investe il “posizionamento”, la piattaforma ideologica e la “rotta” politica soprattutto del Partito Democratico. In sostanza: dimmi cosa vuoi fare e ti dirò a chi parli; dimmi a chi parli e ti dirò da che parte stai.

La tassa sulla casa, per esempio, ha una storia decisamente complicata: nella sua formulazione più nota, l’Ici fu introdotta nel 1992 dal Governo Amato e resistette per circa 14 anni prima della riforma del Governo Prodi, che mise in campo una parziale esenzione per nuclei familiari a basso reddito; nel 2008 il Governo Berlusconi (che si era giocato la carta dell’abolizione dell’Ici nell’ultimo intervento dell’ultimo confronto televisivo nell’ultimo giorno di campagna elettorale) stabilì la totale esenzione per le prime case; in seguito alla “pressione” della Ue (e alla precaria situazione dei nostri conti pubblici) il Berlusconi IV reintrodusse la tassa sugli immobili, con il nome di Imu, confermando però l’esenzione della prima casa e prevedendone l’ingresso dal 2014 (con aliquota al 7,6 per mille su seconde case ed un gettito complessivo superiore ai 10 miliardi di euro); l’imposta fu poi rivista dal Governo guidato da Mario Monti con il Salva Italia, che anticipò la tassa al 2012 e reintrodusse il carico sulla prima casa, per ottenere un gettito complessivo di 21,4 miliardi di euro; poi il caos del Governo Letta, sul quale tanto si è scritto.

L’eliminazione della Tasi, ovvero la tassa sui servizi indivisibili, riguarda la prima casa (per proprietari e inquilini) ed è stata decisa esclusivamente per volontà politica. Il Governo ha inteso riconoscere alla casaun valore primario, il cui diritto va salvaguardato per tutti i cittadini”, in considerazione della grande diffusione della proprietà dell’abitazione in Italia e dell’alto costo complessivo delle abitazioni (secondo alcuni calcoli, circa un quinto del reddito sarebbe impiegato per le spese relative).

Una scelta discutibile e discussa, anche perché non si tratta di una manovra “redistributiva”, per la progressività inversa (chi ha patrimoni più grandi risparmia di più) e per l’assenza di legami diretti col reddito. E di una sostanziale anomalia nel contesto europeo, considerando che la prima cassa è tassata, in modo diverso, pressoché ovunque.

La questione è complessa, come spiegano i tecnici del ministero: “La difficoltà principale nel disegnare un sistema di tassazione immobiliare non distorsivo è nella duplice natura del bene «abitazione» che è, al tempo stesso, bene di consumo e d’investimento. Gli approcci teorici più diffusi distinguono infatti tra: i) imposte sugli immobili come parte del sistema di imposizione sul capitale; ii) imposte sugli immobili come parte dell’imposizione sul consumo; iii) imposte sugli immobili per finanziare i servizi pubblici locali”.

In questo contesto la scelta di eliminare completamente la tassa sulla casa è fortemente contestata dall’Unione Europea che in più occasioni ha “raccomandato” al Governo italiano di spostare il carico fiscale dalla tassazione dei fattori produttivi (dunque capitale e lavoro) a quella sulla proprietà immobiliare, giudicata meno dannosa per la crescita economica.

Per quel che concerne l’Italia anche con la reintroduzione dell’IMU l’incidenza delle imposte immobiliari sul totale delle entrate tributarie è relativamente bassa, al 3,4%. Ma la sua eliminazione pone evidentemente il problema delle risorse per i Comuni, considerando appunto che il gettito garantiva parte dell’autonomia fiscale dei Comuni.

Il Governo ha scelto una strada molto discussa, quella del potenziamento del fondo di solidarietà, che compenserà con 3,7 miliardi di euro il mancato gettito per i Comuni. Il punto è che la manovra rischia di penalizzare quei Comuni che avevano basse aliquote, come spiegano Ferretti e Lattarulo su LaVoce:

Non disponendo più della Tasi, infatti, i comuni che avevano aliquote basse rinunciano al gettito potenziale per un importo, che per esempio in Toscana è pari al 23 per cento del gettito attuale (65 milioni).

Si può immaginare, inoltre, che gli enti che avevano basse aliquote e ora si trovano penalizzati dai trasferimenti, possano tentare di compensare il divario attraverso l’utilizzo dei margini di manovra su altri cespiti, ad esempio le altre abitazioni. L’ipotesi è stata vietata dal governo, che non vuole vedere vanificato l’intervento sulla proprietà abitativa.

Infatti il peso del prelievo sulle abitazioni diverse da quella principale è già molto elevato e le seconde case nel nostro paese non sono necessariamente un bene di lusso. Il 30 per cento dei proprietari di una abitazione ne possiedono anche almeno una seconda.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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