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Il tribunale di Milano concede la stepchild adoption a una coppia di mamme

Il tribunale di Milano, ribaltando la sentenza in appello, ha concesso l’adozione incrociata delle rispettive figlie di due donne conviventi da oltre 15 anni sostenendo fosse giusto riconoscere il legame parentale in virtù del supremo interesse delle minori.
A cura di Charlotte Matteini
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Dopo ben otto anni, sono diventate legalmente sorelle, di fatto. Di primo acchito potrebbe non sembrare una decisione rivoluzionario, ma le due bimbe protagoniste della storia, pur vivendo da sorelle sin da quando sono nate, fino ad ora sono state considerate legalmente due estranee, nonostante siano figlie nate grazie allo sperma dello stesso donatore e vivano con le due rispettive mamme. Il tribunale di Milano ha deciso pochi giorni fa, ribaltando la sentenza di primo grado, che le due bimbe sono sorelle di fatto, riconoscendo dunque per via giudiziaria la cosiddetta stepchild adoption richiesta dalle genitrici. La sezione presieduta da Maria Cristina Canziani, con Maria Grazia Domanico e Caterina Interlandi, ha stabilito che nell'interesse del minore fosse riconosciuto il legame di parentela e, dunque, di riflesso, l'esistenza di una vera e propria famiglia di fatto. "È stato giustamente riconosciuto l'interesse delle due minori, a differenza di quanto accaduto nel processo di primo grado, che aveva dato un'interpretazione restrittiva delle norme. C'è stata un'analisi, sulle capacità affettive ed educative delle persone coinvolte, e si è visto che la coppia, e la loro genitorialità, funziona, quindi…", ha spiegato l'avvocato Alessandra Rossari.

L'odissea giudiziaria comincia nell'aprile del 2015, quando Anna e Bice presentano al tribunale dei minorenni la richiesta di adottare l'una la figlia dell'altra, nate nel 2011 e nel 2012. Da tempo formavano già una coppia stabile: findanzatesi nel 2001, nel 2005 erano andate a convivere. Motivando la richiesta, le due donne sostengono che "la loro famiglia fosse stata voluta e progettata sin dall'inizio con una volontà piena di condivisione di diritti e doveri" e per questo chiedevano che la loro famiglia fosse riconosciuta dallo Stato italiano. Il pubblico ministero in primo grado si dichiarò favorevole all'adozione incrociata, ma nell'ottobre del 2016 il tribunale dei minori decide di rigettare la richiesta, sostenendo mancassero dei presupposti di fatto perché la legge italiana prevede due forme d'adozione: una a favore dei minori in stato d'abbandono, riservata alle coppie sposate da almeno tre anni e l'altra per casi particolari, ma lega l'adottante all'adottato e non prevede l'adozione del figlio del convivente.

Grazie alla legge Cirinnà, però, il 4 novembre scorso Anna e Bice decidono di costituire un unione civile, divenendo formalmente una coppia agli occhi dello Stato e sostengono nel ricorso che il criterio di rendere adottabili solo i bambini in stato di abbandono sarebbe stato superato da una legge che tende a favorire "il consolidamento dei rapporti tra il minore e persone che già si prendono cura di lui". In Appello, il tribunale sancisce dunque la prevalenza del "principio cardine del superiore interesse del minore" e accoglie la richiesta di adozione incrociata, sottolineando che "vi siano espressioni contenenti la parola coniuge, devono intendersi applicate anche alle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso".

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