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Il senatore Giovanardi indagato dall’Antimafia per rivelazione di segreto e minacce

Il senatore del Movimento Idea, ex Ncd, è indagato dall’Antimafia nell’ambito del processo Aemilia. I pm contestano i reati di rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e minaccia o violenza a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, con l’aggravante di aver rafforzato l’associazione mafiosa, nel caso specifico del ‘ndrangheta emiliana.
A cura di Charlotte Matteini
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Il senatore Carlo Giovanardi, ex Ncd e attualmente membro del Movimento Idea, è indagato dall'antimafia per rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio e minaccia o violenza a un corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, con l'aggravante di aver rafforzato l'associazione mafiosa, nel caso specifico del ‘ndrangheta emiliana, dai magistrati bolognesi titolari dell'inchiesta Aemilia. A rivelare la notizia è il settimanale L'Espresso, che spiega inoltre che Giovanardi avrebbe "utilizzato notizie riservate e fatto pressioni indebite per salvare dall'interdittiva antimafia del prefetto una società di costruzioni modenese, esclusa dai lavori pubblici perché condizionata dalle cosche. Il titolare dell'azienda Bianchini costruzioni è sotto processo per concorso esterno alla mafia a Reggio Emilia, insieme ai capi bastone dell'organizzazione criminale. Ma il senatore, è l'ipotesi degli inquirenti, non si è fatto alcuno scrupolo nel montare una campagna contro prefetti, investigatori e magistratura, per tutelare un imprenditore che con gli uomini del padrino Nicolino Grande Aracri andava a braccetto".

L'Espresso, ricostruendo la vicenda, sostiene che a San Felice, il paese dove ha sede l'azienda in questione, il parlamentare sarebbe stato visto varie volte. Inoltre, Giovanardi ha sempre difeso i titolari della Bianchini, sostenendo fossero imprenditori seri, da difendere a ogni costo nonostante le accuse mosse dall'antimafia e da un pentito della cosca emiliana, il quale ha messo a verbale decine di affari portati avanti con la complicita dell'imprenditore modenese, che ha avuto commesse sia per la ricostruzione post-sisma in Emilia sia per Expo. Le intercettazioni che vedono coinvolto il senatore Giovanardi, però, in base all'articolo 6 della normativa sulle «disposizioni in materia di processi penali nei confronti di alte cariche dello Stato», dovranno essere autorizzate dalla giunta parlamentare dedicata e potranno essere utilizzate solo nel caso un giudice terzo dovesse ritenerle rilevanti per l'indagine.

I sospetti sull'ex ministro iniziano a prendere forma proprio nei giorni immediatamente successivi alla retata “Aemilia”. Da quando cioè l'allora procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, si recò in gran segreto negli uffici della prefettura modenese per sentire quale persona informata dei fatti l'attuale capo di gabinetto del prefetto, Mario Ventura, indagato ora insieme al politico. Dopo di lui, tenendo sempre un bassissimo profilo, la procura ha ascoltato diversi testimoni: dagli ex prefetti di Modena fino ad arrivare al capo del Girer, il poliziotto Cono Incognito, che guida il gruppo di indagine creato ad hoc per vigilare sulla ricostruzione del dopo sisma.

Sotto i riflettori la strategia per far rientrare alcune aziende storiche del territorio sospettate di vicinanza ai clan negli elenchi “mafia free” della prefettura. Ventura, quando fu ascoltato dai magistrati, definì il suo amico senatore «un martello pneumatico» per le pressioni continue che esercitava con il fine di convincere a riabilitare l'impresa Bianchini. Società attivissima in regione e nella ricostruzione post terremoto, poi bloccata perché condizionata dal clan Grande Aracri, famiglia di ‘ndrangheta con cuore a Cutro, provincia di Crotone, ma testa e cassaforte tra Modena, Reggio Emilia e Parma, da ormai quasi 40 anni.

Tra il materiale acquisito dagli inquirenti ci sarebbero i video di alcuni colloqui registrati dai Bianchini, padre e figlio, entrambi sotto processo, con il senatore Giovanardi. Dai video emergerebbe che Giovanardi fosse a conoscenza di alcune operazioni illecite realizzate dai due imprenditori, ad esempio le false fatturazioni con il gruppo dei "cutresi", oltre all'esistenza di un rapporto con Bolognino, il braccio operativo del grande capo don Nicolino Grande Aracri. "Da questo momento in poi Giovanardi è, secondo i pm, consapevole del ruolo di Bianchini. Ma nonostante ciò ha proseguito nella sua opera di pressing sulle istituzioni. Il pressing, è bene sottolinearlo, secondo Giovanardi rientrava nelle prerogative di un parlamentare, a tutela dell'economia del territorio e per cambiare una legge, quella sulle interdittive antimafia, secondo lui inefficiente e pericolosa", scrive L'Espresso. In un audio al vaglio della procura, inoltre, Giovanardi pronuncerebbe parole molto forti, dicendo agli imprenditori che "a quelli ho detto che se fossi in Bianchini verrei qua con una rivoltella e ammazzo tutti, creando un precedente… folli…folli…".

Oltre alla rivelazione e utilizzazione di segreti d'ufficio, Giovanardi sarebbe indagato per minacce o violenze. Secondo quanto riporta il settimanale, il senatore avrebbe infatti minacciato chi non sottostava alle sue richieste e su sollecitazione dei due imprenditori modenesi avrebbe cercato di prendere contatti con tutte le autorità coinvolte "prefetto, capo di gabinetto, questore, comandanti provinciali di carabinieri e finanza, con i loro superiori gerarchici anche a Roma, con stretti collaboratori del ministero interni, e con Bruno Frattasi, direttore ufficio legislativo e relazioni parlamentari" al fine di condizionare l'attività dei corpi di Stato e di indirizzare future decisioni nei confronti di Bianchini.  "Agli ultimi due prefetti di Modena, il prefetto Benedetto Basile e Michele Di Bari, gli sarebbe stata prospettata l'adozione di un trasferimento ad altra sede o incarico attraverso interventi diretti presso il ministero dell'Interno; agli ufficiali dei Carabinieri è stata paventata la presentazione di esposti all'autorità giudiziaria, e l'avvio di un'incisiva azione parlamentare nel tentativo di influenzare le decisioni di chi avrebbe poi dovuto decidere delle sorti di Bianchini".

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