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I giovani italiani non trovano lavoro perché non hanno competenze adeguate

Una ricerca condotta da Università Bocconi e J.P. Morgan evidenzia le problematiche del mercato del lavoro italiano. Poco spazio ai laureati in materie scientifiche, che risultano essere troppo qualificati rispetto al tessuto produttivo italiano.
A cura di Charlotte Matteini
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Per quale motivo i giovani italiani non riescono a trovare lavoro? A questa domanda cerca di dare una risposta una ricerca condotta dall'Università Bocconi di Milano in collaborazione con J.P. Morgan. Secondo i risultati dello studio "Employment, Skills and Productivity in Italy", i motivi sarebbero vari e atterrebbero soprattutto alla sfera educativa. In Italia, il mercato del lavoro registra forti disuguaglianze in termini di età, genere, area geografica e titolo di studio e a penalizzare fortemente le persone in cerca di un impiego sarebbe soprattutto il dato anagrafico, unito alla mancanza di titoli di studio e competenze adeguati a rispondere alle richieste dei datori di lavoro.

Secondo la ricerca, le donne tra i 20 e i 24 anni, residenti al Sud e con licenzia media o titolo inferiore sarebbero le lavoratrici che riscontrano più difficoltà a trovare un'occupazione, mentre gli uomini tra i 40 e i 44 anni, residenti al Nord e laureati sarebbero invece avvantaggiati e avrebbero il 50,3% di possibilità in più di trovare un lavoro. L'età pesa per il 56% della differenza e, rileva lo studio, i ragazzi italiani tra i 15 e i 24 anni costituiscono il 6,5% della forza lavoro, ma allo stesso tempo anche il 20,3% dei disoccupati di lungo periodo, mentre la differenza tra i tassi di disoccupazione dei giovani e degli adulti, tra il 2007 e il 2015, è salita dal 14% al 31%. Lo studio di J.P. Morgan rileva inoltre la necessità di attivare politiche per il lavoro rivolte a ragazzi e ragazze di questa fascia d'età per cercare di arginare le disuguaglianze evidenti nel mercato del lavoro attuale.

Non solo l'età, però, costituisce uno svantaggio per certe categorie di lavoratori, ma anche la mancanza di titoli di studio adeguati e di competenze carenti. Ci sarebbe infatti una netta mancata corrispondenza tra le nozioni imparate sui banchi di scuola e le richieste dei datori di lavori, i titoli di studio risultano "poco informativi" circa le effettive competenze acquisite dai candidati e molto spesso accade che una grande percentuale di lavoratori si proponga per posizioni non in linea con i propri studi. Per quanto riguarda le competenze dei potenziali occupati, il 76% dei "sovraqualificati" e il 79% dei "sottoqualificati" ricopre una posizione adatta alla propria preparazione.

L'over-skilling è maggiormente diffuso tra i laureati (19,6%) e raggiunge una percentuale altissima, pari al 30%, tra i laureati in materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche a causa dell'inadeguatezza della struttura produttiva italiana, costituita da piccole e medie imprese a basso valore aggiunto e che per questo motivo offre impieghi poco qualificati e poco adatti a questo tipo di laureati.

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