Giustizia sociale, l’Italia è in fondo alla classifica europea
Se si parla di giustizia sociale l’Italia si colloca in fondo alla classifica europea. Il nostro Paese, quintultimo in Europa, riesce a far meglio solo di Grecia, Romania, Bulgaria e Ungheria. A stilare la classifica è l’EU Social Justice Index 2014, un progetto di ricerca della London School of Economics e della fondazione tedesca Bertelsmann Stiftung, che incrocia i dati dei 28 Paesi Ue per quanto riguarda povertà, educazione, lavoro, sanità e coesione sociale. Su 28 Paesi l’Italia si posiziona al 23esimo posto con un indice di 4.70 nella giustizia sociale complessiva. Siamo ben sotto i Paesi del Nord Europa come Svezia (7.48), Finlandia (7.13), Danimarca (7.06). Anche guardando i singoli parametri l’Italia è quasi sempre sotto la media europea. Secondo lo studio “l’Italia mostra un trend preoccupante”. Il 30% della popolazione è minacciata da povertà o esclusione sociale, e rispetto al 2007 è raddoppiato il numero di quelli colpiti da “severe privazioni materiali”. Poi c’è la disoccupazione giovanile al 40% e una elevata percentuale europea di giovani che non studiano né lavorano. Per gli autori dello studio la condizione dei giovani in Italia, che danneggia la coesione sociale e la lotta alle discriminazioni, assesta un duro colpo alla cosiddetta “giustizia generazionale”, che in teoria mira a “un equilibrio tra gli interessi delle fasce di popolazione più giovani e quelle più anziane”.
Cresce il divario tra nord e sud Europa
In Italia la percentuale dei neet (quei giovani tra i 20 e i 24 anni che non sono impegnati né in attività di formazione, né di lavoro) è aumentata del 10 per cento negli ultimi 5 anni, passando dal 21,6 per cento del 2009 al 32 per cento del 2014. Per quanto riguarda l'Europa e gli squilibri sociali, aumenta il divario soprattutto Nord-Sud e quello tra giovani e adulti. “La crescente ineguaglianza sociale tra generazioni e tra Paesi diversi può portare a forti tensioni e perdita di fiducia”, è quanto ha affermato Jörg Dräger, membro del consiglio direttivo SIM Europe, il quale non sembra avere dubbi sugli scenari futuri: “Se una simile situazione dovesse continuare ancora a lungo o addirittura peggiorare, l’intero progetto di integrazione europea si troverà in serio pericolo”.