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Def, il Governo Renzi prevede una manovra a deficit e spera nella flessibilità Ue

Il Documento di economia e finanza presentato dal Governo Renzi nella tarda serata di ieri prevede una manovra totale pari a 23 miliardi di euro circa. Di questi 23 miliardi, buona parte saranno finanziati a deficit e 15 miliardi serviranno per bloccare l’aumento dell’Iva imposto dalle clausole di salvaguardia.
A cura di Charlotte Matteini
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Renzi e Padoan in Consiglio dei Ministri

Nell'aggiornamento del Documento di Economia e Finanza diffuso dal governo in tarda serata e che verrà analizzato dalla Camera il prossimo 11 ottobre, per chiudere la manovra economica relativa all'anno 2017 serviranno almeno 8 miliardi di euro, ovvero mezzo punto di prodotto interno lordo. Come verranno recuperati questi miliardi? Stando all'aggiornamento, i fondi verranno trovati grazie alla "lotta all'evasione fiscale" e a una sorta di spending review, che servirà a reperire risorse mediante la riduzione strutturale della spesa corrente. La manovra di bilancio, però, sarà quasi tutta basata sul deficit, che secondo le stime dovrebbe aumentare dall'1,6% al 2% del Pil, ma che se l'Europea dovesse accogliere le richieste dell'italia, potrebbe addirittura arrivare a sfiorare il 2,5%.

Fulcro principale della manovra sarà il blocco degli aumenti dell'Iva, che dovrebbero scattare il prossimo anno perché introdotti dalla cosiddetta clausola di salvaguardia, ovvero una norma che prevede che qualora non venisse raggiunto il fabbisogno finanziario previsto dalla legge di bilancio, le risorse per coprire il disavanzo creatosi verrebbero reperite dall'aumento dell'imposta sul valore aggiunto. Per evitare, dunque, che scattino queste clausole, al Governo Renzi serviranno 15 miliardi di euro, ovvero buona parte delle risorse economiche a disposizione dell'Esecutivo.

La legge di bilancio del 2017, oltre al mancato aumento dell'Iva, prevede l'attuazione di "interventi di sostegno ai pensionati in difficoltà", favorire "la flessibilità d’uscita nel sistema previdenziale senza modificarne i parametri fondamentali" e il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego. Oltre a questi interventi, ci saranno almeno 6,5 miliardi, di cui 3,5 dedicati all'emergenza immigrazione e 3 alla ricostruzione delle aree del Centro Italia distrutte dal terremoto dello scorso 24 agosto. Questi 6,5 miliardi, però, il Governo Renzi vorrebbe non rientrassero nel computo di bilancio, dunque fuori dal patto di stabilità, in modo tale da poter agire facendo leva sulla "flessibilità".

"I tragici eventi succedutisi negli ultimi anni rendono prioritario programmare interventi antisismici per mettere in sicurezza la popolazione, il territorio e il patrimonio abitativo e culturale del Paese", si legge nel Documento di Economia e Finanza. Tra i vari interventi previsti c'è la realizzazione di un piano per l'adeguamento sismico delle scuole, interventi di risanamento ambientale e idrogeologico, il finanziamento del piano di ricostruzione a lungo termine "Casa Italia".

Stando però alle regole europee, però, sarà abbastanza difficile che l'Europa possa accettare di finanziare con la flessibilità interventi di ricostruzione nel lungo periodo, perché i trattati prevedono che i Paesi membri possano svincolare alcune spese particolare dai vincoli di bilancio solo se strettamente necessarie e da effettuare nel breve termine, "in risposta a un evento specifico e non ricorrente". Lo stesso tipo di ragionamento potrebbe essere applicato nei confronti delle spese per l'emergenza immigrazione: se da un lato lo scorso anno i 3,3 miliardi necessari a fronteggiare il fenomeno migratorio furono scorporati dal Patto di Stabilità perché ritenuto appunto straordinario e non ricorrente, per il prossimo anno potrebbe non essere giudicato alla stesa maniera perché trattasi di evento ripetuto e non "una tantum". Il Governo italiano, però, sul punto specifico sostiene che non essendo stata in grado l'Europa di provvedere alla redistribuzione dei migranti su tutto il territoro Ue, l'Italia si troverebbe ancora a fronteggiare una situazione eccezionale.

Nel Documento presentato nella serata di ieri dal Governo, le stime di crescita del prodotto interno lordo vengono riviste: per il 2017 la crescità sarà dell'1% e nell'anno successivo dell'1,3%. Il rapporto debito/Pil, invece, scenderà dal 132,8% del 2016 al 132,5, del 2017, portandosi al 126,6% nel 2019. La disoccupazione calerà, ma non scenderà sotto il 10% prima del 2019 e si attesterà all'11,5% nel 2016 per poi scendere al 10,8% nel 2017 e al 10,3% nel 2018. Nel 2019, invece, toccherà quota 9,9%.

"Le entrate previste per quest'anno vengono riviste al ribasso, dallo 0,5 allo 0,1 per cento del pil. Il governo ha attuato la prevista dismissione del 46,6 per cento di Enav e ulteriori entrate proverranno da dismissioni immobiliari. Resta ferma l'intenzione di proseguire il processo di privatizzazione, compatibilmente con le condizioni  di mercato. Si mantengono le previsioni di introiti da privatizzazioni per i prossimi tre anni", si legge nella nota di aggiornamento, dalla quale si evince che la quota di risorse finanziarie che avrebbe dovuto derivare dalle privatizzazioni del patrimonio pubblico non è stata raggiunta e ciò, insieme a molteplici altri fattori, ha portato alla revisione di stime e proposte d'intervento.

Il quadro tracciato dall'aggiornamento, dunque, risulta troppo ottimistico secondo l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, perché sarebbero presenti "rilevanti fattori di rischio" che potrebbero creare difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Def.

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