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Da “selfie” a “svapare”, i 5 neologismi dello Zingarelli 2015

Il dizionario della Zanichelli 2015 è stato aggiornato con i nuovi termini entrati nella lingua parlata con l’uso. Neologismi che tutti conosciamo e che ci raccontano, a modo loro, gli eventi salienti dell’anno trascorso, eventi che li hanno resi celebri. Eccone una Top five.
A cura di Luca Marangolo
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Le parole nascono e muoiono come organismi viventi: esistono delle parole in via di estinzione (chi usa il verbo perorare se non in frasi fatte con la parola causa a fianco?); ci sono poi parole che vivono degli improvvisi momenti di gloria, vengon su, alla ribalta, come delle star e finiscono d’improvviso nei tic espressivi, nelle frasi idiomatiche, nelle convulse ripetizioni dei titoli di giornale, diventando contagiose come virus. Orrendi o divertenti a seconda del vostro essere apocalittici o integrati, direbbe qualcuno.

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E allora ci siamo detti: dato che l’elenco è la  formula più trendy (questo è un prestito dall’inglese), in questo momento, per comunicare un certo tipo di notizie nel giornalismo on-line (altro prestito: sarà del novantaquattro? Del novantacinque? Sicuramente è dell’ era 1.0, espressione che è anch’essa un neologismo), allora cosa c’è di  più lussureggiante (cultismo?) che fare un elenco dei più popolari neologismi che sono stati inseriti nel nuovo dizionario Zingarelli 2015. Lo Zingarelli è da sempre un termometro eccezionale della creatività (e della pigrizia) linguistica dell’Italiano che tutti parliamo.Ed ecco a voi, secondo noi, i cinque neologismi più notevoli dello Zingarelli 2015, fra cronaca e linguistica.

      Selfie. Chi non sa che vuol dire Selfie? Ormai tutti lo sanno, persino nonne e le bisnonne. Molti sanno poi che  Ellen Degeneres ha impresso il suo faccione via twitter assieme a Julia Roberts, Meryl Streep, Brad Pitt e altre star in uno dei più famosi Selfie di sempre. Ci sarà qualche povero disperato che usa ancora espressioni come autoscatto? Autoritratto? O self-portrait? La verità è che la nostra ossessione narcisistica ci ha portati a trasformare i cellulari in una sorta di carta telematica su cui stampare i nostri faccioni in pose improbabili. Tutte le smorfie che un tempo facevamo davanti allo specchio del bagno, nella solitudine algida della nostra casa, ora le facciamo in luoghi che più telematici non si può. Si chiamano selfie: “Fatti un selfie”; “Dai ragazzi, fermiamoci qui, facciamoci un selfie con il mare dietro”. Il selfie invade le nostre postazioni telematiche e il termine diventa uno dei neologismi che con maggior vigore e nettezza si sono affermati, rapidissimamente, nel 2014.

Un altro neologismo interessante sembra essere weddingplanner: chi organizza i matrimoni. È interessante perché è un buon esempio di come la lingua italiana, per poter far fronte a concetti che si impongono come necessari con l’uso, scelga l’Inglese invece dell’Italiano. Ormai è una pratica consolidata, quasi non ci si fa più caso eppure è assolutamente invasiva. Ciò non significa che questa invasività implichi un qualche giudizio di valore, è però un concetto su cui riflettere. Se non fosse di frequenza consolidata nel suo uso parlato, weddingplanner non sarebbe entrato  nello Zingarelli 2015: ciò vuol dire che ci sono giovani spose o future suocere che dalla Brianza alla bassa Calabria dicono “dài, su, chiama il weddingplanner” quando devono organizzare i loro italianissimi party matrimoniali?

 Affascinante per gli appassionati di psicologia (o, a scelta, di tecnologia) è il neologismo nomofobia. Dicesi nomofobia l’ansia, di natura ossessiva, derivante dalla paura di non poter avere a portata di mano il cellulare. Se uno perde il cellulare, gli si rompe, non riesce a telefonare, o non c’è campo con il wirless, whatsapp non funziona, ha almeno due modi di reagire: uno è farsene una ragione ed aspettare e l’altro è lasciarsi andare alla nomofobia: tremare, urlare e avere paura che succederà il finimondo, problemi di ogni tipo e nessuno, proprio nessuno sarà in grado di avvertirlo, l’ansia di non essere tuned l’ansia di sentirsi disconnessi da questa grande rete comunicativa che rassomiglia sempre di più a un vero globo che ci avvolge e ci  circonda tutti.

 Clamoroso è il neologismo, anche questo fresco fresco di quest’anno, eterofobia. Interessante è l’ambivalenza che sembra assumere: l’eterofobia è la paura del diverso. Chi ha fatto il Classico lo sa: il suffisso etero- vuol dire diverso. Quindi si ha paura delle cose diverse  e che spaventano in quanto tali: persone straniere o estranee, persone dai comportamenti diversi…e quindi anche i gay! Insomma chi è omofobico sembra essere anche eterofobico. Che confusione! Fatto sta che a parte l’accezione etimologica eterofobico indica anche, in un senso più ristretto, chi ha "paura degli eterosessuali" (la confusione aumenta). Chi ha seguito, ad esempio, la polemica piena di contraddizioni dellle Sentinelle  sul ddl Scalfarotto, sa quanto questa parola sia impregnata di 2014 .

 Per finire, concediamoci una vera chicca: il quinto neologismo più notevole è Svapare. Quelli che disperatamente stanno cercando di smettere di fumare sanno di cosa stiamo parlando. Quelli che fanno di youtube uno stile di vita non possono non sapere che cosa significa svapare. Lo svapare è  l'emettere fumo con la sigaretta elettronica. Non potete che essere stati contagiati anche voi, ad esempio, dalla fantastica parodia che è circolata nel Web, da youtube a facebook, che mette alla berlina il vizio della sigaretta elettronica. Nei bar, nei ristoranti, nelle case di tutti il fumo della sigaretta elettronica ha annebbiato le menti degli italiani. E allora Tony Cotina, personaggio incarnato dall’attore comico Andrea di Maria, ha sfottuto tutti quanti con un’irresistibile parodia che ha diffuso la voce verbale svapare. E allora buona svapata a tutti nel 2015.

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