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Adele De Vincenzi, parla il padre di uno degli arrestati: “Mio figlio è solo un bambino”

Restano in carcere Gabriele Rigotti e Sergio Bernardin, arrestati dopo la morte di Adele De Vincenzi, la ragazzina di 16 anni deceduta a Genova per aver ingerito una pasticca di ecstasy. I loro legali: “Sono sconvolti, traumatizzati”.
A cura di Susanna Picone
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“Voglio dire alla famiglia di Adele che le sono vicino. Vorrei andare al suo funerale. Mio figlio non è un criminale, ha 19 anni ed è praticamente un bambino”. A parlare è Marco Rigotti, padre di Gabriele, il ragazzo arrestato sabato insieme all'amico di ventuno anni Sergio Bernardin per la morte di Adele De Vincenzi, la sedicenne deceduta a Genova dopo avere ingerito una dose di metanfetamina. “Forse – ha detto Rigotti – per questi ragazzi prima di arrivare a queste tragedie dovremmo fare di più noi adulti sia come genitori che come istituzioni che dovrebbero fare prevenzione una volta alla settimana”. I due ragazzi – ha deciso il gup Nicoletta Bolelli al termine dell'interrogatorio di garanzia – restano in carcere. I loro avvocati hanno annunciato che faranno ricorso al Riesame per chiedere la scarcerazione o i domiciliari.

I due giovani arrestati dopo la morte di Adele sono "traumatizzati"

“I due ragazzi sono sconvolti, traumatizzati. Come se gli fosse passato sopra un treno”, hanno riferito i legali di Bernardin e Rigotti. “Sono dispiaciuti per quello che è successo – hanno detto gli avvocati – sono giovanissimi e non volevano che accadesse una cosa del genere. Speravamo tutti che il giudice concedesse gli arresti domiciliari ma evidentemente non ha ritenuto ancora maturi i tempi”. I due giovani si trovavano con Adele nell'appartamento dove avrebbero consumato l'ecstasy.

Assumere sostanze sintetiche ed eroina è come giocare alla roulette russa

“Assumere sostanze sintetiche ed eroina è come giocare alla roulette russa. Ogni organismo reagisce in maniera diversa, anche con riferimento a precedenti assunzioni che non hanno, all'apparenza, creato problemi”, ha detto il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, commentando il caso della ragazzina morta a Genova. “Anche a Bologna – ha aggiunto Giovannini – innumerevoli volte si è sfiorata la tragedia come a Genova. Gli interventi in emergenza che salvano vite raramente fanno notizia”. Per il procuratore aggiunto è necessario che le campagne di prevenzione continuino “perché non si saprà mai quanti giovani, grazie ad esse, hanno abbandonato l'uso di droghe oppure hanno scelto di non assumerne”. “È triste dirlo – ha spiegato ancora – ma solo la morte, o il serissimo rischio di morire, di un amico, può indurre a smetterla di assumere queste schifezze”. “Da ultimo – ha concluso il magistrato – se è vero che non tutti coloro che fumano erba e hashish passano a droghe pesanti, purtroppo è altrettanto vero che le persone che fanno uso di eroina, spesso associata ad altre sostanze, nella quasi totalità dei casi ha iniziato fumando spinelli. La cocaina segue percorsi individuali e sociali diversi”.

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