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“Odio essere madre ma amo mia figlia”: il racconto di una donna contro i tabù della genitorialità da cartolina

Dopo aver scoperto la gravidanza a poco più di un mese di distanza dal parto, la donna ha dovuto improvvisamente rivoluzionare la sua vita e le sue priorità, cosa che l’ha portata ad affrontare una dura depressione post-partum. Oggi racconta senza filtri le difficoltà di essere madre, tra sensi di colpa, desideri di libertà e un’insofferenza alle responsabilità genitoriali che però non scalfiscono l’amore profondo che prova per la sua piccola.
A cura di Niccolò De Rosa
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Diventare madre è spesso raccontato come un momento magico, un passaggio naturale che spalanca il cuore a un amore sconfinato. Ma non tutte le storie seguono questo copione. Accade invece che, per alcune donne, la maternità si presenti come un urto violento contro aspettative irrealistiche, solitudine e fatica emotiva. È quello che ha raccontato ai media inglesi Tawana Musvaburi, una giovane mamma inglese che ha deciso di condividere la sua esperienza più dura e intima, per rompere un tabù ancora troppo diffuso: il rifiuto, la depressione e la fatica di sentirsi madre.

La gravidanza inaspettata

Nel febbraio del 2023 Tawana, che vive a Buckingham ed è oggi una content creator a tempo pieno, si era recata in ospedale per forti capogiri. I medici sospettavano un'insufficienza renale, ma un'ecografia rivelò la verità: era incinta di otto mesi. Solo quattro settimane dopo diede alla luce la piccola River. Aveva 21 anni e la sua nuova condizione di mamma rappresentò uno sconvolgimento totale: "Sono passata dall’essere una ragazza che usciva a fare festa a diventare mamma in un mese", ha confidato la donna in una recente intervista al quotidiano britannico Metro. Una gravidanza inattesa e una trasformazione radicale, che non le ha lasciato il tempo di prepararsi né di immaginare il futuro.

Credits: Instagram/@rivertr12
Credits: Instagram/@rivertr12

Il difficile inizio e la depressione post partum

Alla nascita della figlia, Tawana pensava che avrebbe provato fin da subiti un amore immediato e travolgente, come un colpo di fulmine. La realtà fu però ben diversa: "Non ho sentito nulla quando l'hanno messa sul mio petto. Anzi iniziato a odiare tutti quello che stava accadendo", ha raccontato. Da lì è iniziato un periodo buiosegnato dalla depressione post-partum. Tawana si è trovata sopraffatta da pensieri che la spaventavano. Temeva persino di poter far del male alla bambina e si vergognava così tanto da non riuscire a parlarne. Anche nei momenti più semplici, come tenere in braccio River che piangeva, si sentiva assente, come se fosse incapace di consolarla o perfino di ascoltarla davvero.

Il sostegno della famiglia e del compagno

Consapevole di non farcela da sola, Tawana ha deciso di tornare a vivere per qualche mese con la madre, Chipo. La mamma l’ha aiutata a ritrovare un equilibrio e a prendere confidenza con il ruolo genitoriale. Oggi la piccola River chiama la nonna "mamma" e Tawana "mammina", un dettaglio che per quest'ultima racchiude la complessità e l’intensità di questo legame. Anche Emmanuel, il compagno di Tawana, è stato un sostegno importante: tra di loro c’è un patto di solidarietà reciproca. "Se io sto male, lui interviene. Se lui sta male, ci sono io", ha spiegato.

Credits: Instagram/@rivertr12
Credits: Instagram/@rivertr12

Una relazione d’amore ma non un ruolo facile

Nonostante siano passati due anni dalla nascita di River, Tawana ammette che essere madre continua non piacerle molto. Anzi, ai giornalisti ha dichiarato apertamente di "odiare" il ruolo, soprattutto per la perdita di libertà che comporta: non può più essere spontanea, deve pianificare con largo anticipo anche una semplice uscita con le amiche. Si sente vulnerabile perché non potrà mai proteggere del tutto sua figlia e questo pensiero la tormenta. Tuttavia, è consapevole di quanto ami la figlia e di come non potrebbe più vivere senza di lei: «La amo tantissimo. Lei non ha chiesto di venire al mondo. Non è colpa di nessuno"

Oggi Tawana continua dunque a impegnarsi per trvare un equilibrio più soddisfacente. River frequenta l’asilo tre volte a settimana, e in quelle occasioni lei sfrutta quelle ore per godersi un po’ di silenzio e ricaricare le energie mentali. "È per la mia salute mentale e per essere la mamma migliore possibile", spiega. Il suo racconto vuole dunque essere un invito a riconoscere che la maternità può essere anche questo: fatica, paura, bisogno di aiuto. E che non ci si dovrebbe vergognare a parlarne. In fondo, come la sua stessa storia dimostra, non si tratta di non amare i propri figli, ma di imparare ad amare se stessi abbastanza da potersi prendere cura anche di loro.

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