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“Voleva lasciarmi, meglio morta”: la storia di Anna, bruciata viva dal marito

Anna, 63 anni, è morta bruciava viva nella villetta di Sassari dove viveva con il marito Nicola. A denunciare il delitto è stata la figlia Claudia, rincasata mentre il corpo di sua madre ardeva davanti alla porta. Il padre: “Vieni a vedere cosa mi ha costretto a fare”.
A cura di Angela Marino
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Lei era una donna fragile lui, un uomo dispotico e prepotente. Insieme, in 46 anni di matrimonio, Anna, addetta alle pulizie e  Nicola, panettiere in pensione, avevano costruito una famiglia, condiviso grandi sacrifici e messo su la loro bella casa tra le campagne di Trunconi, nella periferia di Sassari, il loro lascito a figli a nipotini. Alle fondamenta di quell'unione, per quasi tutta la durata di quel matrimonio iniziato quando Anna aveva solo 20 anni, c'era un misto di affetto, sopportazione e dipendenza reciproca.

Ogni volta che lui diventava violento, Anna si ripeteva che non era colpa sua, che non era consapevole di quello che faceva. Ultimo di 13 fratelli di una famiglia modesta, Nicola aveva cominciato a lavorare in panetteria dall'età di sei anni, dovendo rinunciare anche a una normale istruzione. In tutti gli anni che avevano passato insieme lei non aveva mai pensato veramente di lasciarlo, anche se lo aveva desiderato tante volte. La sua pazienza era durata quasi un cinquantennio, poi, da un momento all'altro, era finita. Una mattina di novembre, a 63 anni, Anna entra per la prima volta nello studio di un avvocato, decisa a chiedere la separazione. Ormai nessuno può fermarla e quando torna a casa affronta il marito.

Sono soli nella villetta sperduta quando lei gli annuncia che se ne andrà. Partono calci, pugni, le solite botte. Anna finisce a terra e lui continua, infierendo, poi, quando è senza fiato, al culmine della rabbia la trascina davanti alla porta di casa, va a prendere una tanica di benzina e la svuota sul corpo di Anna, poi accende il fuoco. Anna è ancora viva. Mentre la guarda bruciare arriva la figlia Claudia che rincasa in auto. Prima che scenda dall'auto le corre incontro per accertarsi che non ci sia la nipotina, quando si accorge che la piccola Anna non è sulla vettura, dice alla figlia: "Vieni a vedere cosa mi ha costretto a fare, lì c'è tua madre che brucia". La donna ingrana la marcia e fugge via, nel frattempo chiama i carabinieri al telefono.

Poche ore dopo la casa di famiglia, quella dove la mattina sgambettava la piccola Anna, è vuota e silenziosa. Sulle porte ci sono i sigilli, Nicola Amadu è in arresto, Anna è all'obitorio. Il panettiere ammette subito le proprie responsabilità: "Rinunciare a mia moglie non era pensabile. Non potevo accettare la sua decisione di separarsi. Meglio morta". La notizia della morte di Anna è scioccante, ma non certo inattesa per familiari e amici. Tutti sapevano che quella casa nascondeva un piccolo inferno, forse qualcuno avrebbe potuto aiutare Anna, forse la prima a farlo avrebbe dovuto essere lei.

Oggi Nicola Amadu è stato condannato a trent'anni di carcere al termine del processo con rito abbreviato. Sua figlia Claudia va a trovarlo in carcere ogni volta che può. Alla stampa locale, infatti, ha dichiarato di averlo perdonato. Oggi è tornata nella villetta ‘degli orrori' di Trunconi, dove vive sola con sua figlia. Anche lei, Anni prima, ha lasciato suo marito.

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