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Vigile cade da un albero per salvare un gatto ma non ottiene l’invalidità: “Non era in pericolo”

Un vigile è rimasto parzialmente invalido dopo essere caduto da un albero per salvare un gattino in difficoltà mentre era in servizio. Ma, per la corte di Cassazione, non ha diritto ai benefici della legge per le “vittime del dovere” perché “non è dimostrabile che il felino fosse in pericolo di vita”. L’ironia della difesa: “Forse avrebbe dovuto miagolare aiuto”.
A cura di Ida Artiaco
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È caduto da un albero facendo un volo di 5 metri per salvare un gattino in un quartiere di Padova, riportando dei traumi a vita. Ma, purtroppo, non potrà ottenere l'invalidità lavorativa perché non è in grado di dimostrare che il micio in questione fosse effettivamente in pericolo di vita. È quanto è successo ad un vigile del fuoco veneto, a cui, oltre il danno, si è unita anche la beffa, dal momento che nei giorni scorsi la corte di Cassazione gli ha negato il diritto ai benefici della legge per le "vittime del dovere", confermando quanto già sentenziato dalla Corte d'Appello di Venezia. Tutto è cominciato nel 2005, quando una signora chiese l'intervento del pompiere per portare in salvo il suo felino, bloccato sul ramo di un albero.

Il gatto, come si legge nella sentenza del tribunale, "arrampicatosi a circa cinque metri di altezza, non era più in grado di scendere", A quel punto,  il soccorritore è salito su una scala "nel tentativo di raggiungere l’animale e riusciva ad afferrarlo, quando improvvisamente il ramo dell’albero al quale era appoggiato si rompeva ed egli precipitava al suolo". Il pompiere ha riportato delle ferite che gli hanno provocato una invalidità, seppur lieve. Il tribunale di Padova in primo grado aveva dato ragione all'uomo, dal momento che, si legge nella sentenza, "tra le attività dei vigili del fuoco rientra anche il salvataggio di animali per cui l’evento che si verificava merita una speciale tutela, visto il nesso di casualità tra il fatto e l’azione di soccorso".

Ma il Ministero dell'Interno presentò poco dopo ricorso, avallando come tesi il fatto che il salvataggio di un gatto da un albero non può essere considerata una operazione di soccorso, non trattandosi per l'appunto di un essere umano. Per di più, secondo il Viminale "non era a rischio l’incolumità del gatto". Questa tesi è stata confermata nei giorni scorsi dalla Cassazione, che ha definitivamente ribaltato la sentenza di primo grado: il vigile del fuoco non ha diritto a essere riconosciuto come "vittima del dovere" perché non ha saputo dimostrare "che il gatto fosse in pericolo, la circostanza non può essere presunta solo per il fatto che lo stesso si era arrampicato fino a cinque metri, essendo notorio che i gatti sono animali in grado di arrampicarsi". Dunque, niente pericolo di vita del felino, niente invalidità.

Incredulità è stata espressa da Andrea Bava, l'avvocato difensore del vigile. "La Suprema corte – ha commentato la decisione della Cassazione – ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto mancasse la prova dello stato di pericolo del micio. Fa quasi sorridere la constatazione secondo la quale non vi era la prova che l’animale rischiasse la vita: non avrei mai pensato di dover documentare lo stato d’animo di un gattino, per dimostrare che si sentisse soggettivamente in pericolo. Forse occorreva che miagolasse aiuto".

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