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Tragedia in montagna, escursionisti morti sulle Alpi Svizzere: sei vittime, quattro sono italiane

Sale a 6 morti, di cui almeno 4 italiani, il bilancio della tragedia alpinistica avvenuta tra domenica e lunedì nella zona della Pigna d’Arolla, sulle Alpi svizzere.
A cura di Annalisa Cangemi
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Sale a 6 morti, di cui almeno 4 italiani, il bilancio della tragedia alpinistica avvenuta tra domenica e lunedì nella zona della Pigna d'Arolla, sulle Alpi svizzere. Secondo quanto ha riferito all'Ansa la gendarmeria cantonale del Vallese, uno dei feriti gravi è deceduto in ospedale questa mattina, e una sesta persona, una donna di nazionalità bulgara di 52 anni, è morta in ospedale alle 12 circa di oggi. Rimangono altre tre persone in gravi condizioni, ricoverate nei nosocomi della zona. Uno di loro lotta tra la vita e la morte, ma non si tratterebbe di un italiano. Le condizioni di salute degli altri due, di cui non è stata fornita le nazionalità, sono "stabili".

Tra le vittime ci sono quattro italiani, morti ieri dopo essere rimasti bloccati dalla bufera di neve, a oltre 3mila metri di quota lungo il percorso della Haute Route, un itinerario scialpinistico che collega Chamonix, ai piedi del Monte Bianco, con Zermatt, sotto il Cervino. Oltre alla guida italiana Mario Castiglioni, comasco di 59 anni, residente in Svizzera, tra le vittime ci sarebbero tre escursionisti esperti, molto conosciuti dal Cai di Bolzano Elisabetta Paolucci, Marcello Alberti (53 anni) e Gabriella Bernardi (53 anni), marito e moglie. I tre si conoscevano da tempo.

Elisabetta Paolucci era insegnante di scuola superiore, Marcello Alberti faceva invece il commercialista; sua moglie, Gabriella Bernardi era responsabile risorse umane alla Thun da sei anni. Castiglione viveva in Canton Ticino, insieme alla moglie Kalina Damyanova, di origine bulgare; quest'ultima era con il gruppo durante l'escursione, ma di lei non si hanno ancora notizie.

Tommaso Piccioli, architetto milanese, è invece uno dei superstiti: "Sto bene. Mi hanno appena dimesso dall'ospedale". L'uomo è uno dei partecipanti alla spedizione. Alla sua famiglia ha telefonato ieri: "Mi ha detto "sto bene" – racconta il papà Stefano, anche lui architetto – Sono all'ospedale. E' successa una cosa gravissima e sono sopravvissuto grazie alla mia esperienza".

Tommaso prima di avvertire il padre aveva già telefonato alla madre e alla moglie australiana, con cui vive in Australia la maggior parte dell'anno. In Italia è tornato per votare, e anche per questa escursione. La sua è una vera passione per l'avventura. "Ma questa esperienza – spiega il padre Stefano  – è stata terribile. I suoi amici di Bolzano sono tutti morti". La notte al gelo è stata lunghissima e completamente buia. Tommaso ha cercato di fare ginnastica e non addormentarsi. "Lui – dice il papà – è rimasto sveglio tutta la notte. Non so come ha fatto. Spronava anche gli altri, a muoversi a non dormire ma nel buio non li vedeva. Non sapeva dov'erano. Quando ha albeggiato Tommaso e un'escursionista tedesca hanno visto dall'altro lato della vallata, dove c'è il rifugio, due sciatori e hanno iniziato ad urlare con quanta voce ancora avevano in gola "help". Loro hanno avvisato il soccorso alpino che è arrivato con l'elicottero. Ma non poteva atterrare, quindi si è calato un infermiere con il verricello – prosegue Stefano – e li ha portati su uno a uno. Sul momento Tommaso non sapeva le condizioni degli altri anche se temeva il peggio, dato che aveva visto qualcuno riverso a faccia in giù. In serata, mentre era ricoverato in ospedale a Visp, è stato anche interrogato dalla polizia cantonale "avevano l'elenco ma non glielo hanno fatto vedere. Adesso – conclude il papà – saprà anche lui" dei morti.

Secondo il portavoce della polizia cantonale che ha coordinato i soccorsi "Tutti gli scialpinisti coinvolti sono stati recuperati e portati negli ospedali svizzeri. Non risultano pertanto dispersi".

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