Traffico di beni archeologici trafugati dall’Italia e rivenduti all’estero: 23 arresti

Trafugavano sistematicamente dall'Italia opere archeologiche di estremo interesse storico e valore economico risalenti al periodo greco-romano per poi rivenderli a persone senza scrupolo soprattutto all'estero per ricavarne profitti personali. È l'attività di una vera e propria organizzazione a delinquere finalizzata al traffico di reperti storici scoperta dai carabinieri durante una complessa e lunga indagine che nelle score ore ha portato all'arresto di 23 persone tra Italia Regno Unito, Germania e Spagna. Le accuse per gli indagati sono di associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di beni archeologici.
Impressionanti i numeri elencati del comando Tutela Patrimonio Culturale dei carabinieri. Nell'ambito dell'inchiesta infatti, le indagini hanno permesso di recuperare 3mila reperti archeologici per un valore di oltre 20 milioni di euro tra anfore, vasi, statuette e monete antiche. Le indagini, coordinata dalla procura di Caltanissetta, erano state avviate nel 2014 a seguito del scoperta di diversi scavi illegali proprio nella città nissena. Così si è scoperto che in Sicilia esisteva una vera e propri rete di "tombaroli", predatori di reperti archeologici che scavavano e portavano alla luce i tesori antichi per rivenderli, spalleggiati da una organizzazione che si preoccupava poi di trovare gli acquirenti giusti all'estero.
Secondo le indagini dei militari, il gruppo per anni avrebbe gestito un ingente traffico di beni archeologici provento di scavi clandestini sull'Isola. Per smascherare l'intera rete, compresi gli acquirenti e i mercanti di arte stranieri, l'operazione, denominata Demetra, ha richiesto una collaborazione internazionale tra i militari dell'Arma e le polizie dei Paesi coinvolti con il coordinamento di Europol ed Eurojust.