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Ismaele, legato a una croce e sgozzato per amore di Ambera

Ismaele Lulli è stato torturato e sgozzato il 19 luglio 2015 da due coetanei sul poggio a San Martino in Selva Nera, nelle Marche. Autori del delitto due amici che lo hanno seviziato e poi giustiziato dopo averlo costretto a confessare il flirt con la fidanzata di uno di loro.
A cura di Angela Marino
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L'omicdio di Ismaele Lulli
L'omicdio di Ismaele Lulli

Ismaele Lulli è stato torturato e sgozzato a 17 anni il 19 luglio 2015 davanti a una chiesetta sulle colline di Verbania. Per il delitto sono imputati nel processo in corso a Pesaro due amici del ragazzo. Ismale fu legato ai piedi di una croce, seviziato e poi ucciso con un violento colpo di coltello alla gola dopo che aveva ammesso di aver avuto un flirt con Ambera, fidanzata di uno dei giovani. Autori dell’assassinio, uno dei delitti più efferati degli ultimi anni, sono Igli Meta, 20 anni, residente a Urbania e Marijo Mema, 19 anni, anche lui residente a Urbania.

La trappola

Il pomeriggio del 19 luglio 2015 lo studente 17enne di Sant’Angelo in Vado riceve un sms. È Ambera, la ragazza che frequenta a invitarlo a un appuntamento. Ma sul luogo convenuto Ismaele non trova la ragazzina ma Marjo e Igli che lo aspettavano alla fermata dell’autobus per "un chiarimento".  Ismaele sale sulla vettura diretta a San Martino in Selva Nera, di sua volontà. Nulla lascia presagire la ferocia delle intenzioni dei due giovanissimi killer.

Torturato davanti a una chiesa, il sospetto del satanismo

A un certo punto Ismaele comprende la verità: è ostaggio dei due giovani. Viene legato con del nastro adesivo da pacchi sotto ad una croce di ferro sulla sommità di San Martino in Selva Nera. È un posto impervio, isolato, inquietante. Lì comincia il rito: immobilizzato, il ragazzo viene costretto a confessare mentre sul suo corpo vengono compiute atroci sevizie. Un colpo netto e potente con il coltello alla fine, gli squarcia la gola, quasi decapitandolo. Sono le due del pomeriggio. Gli assassini, si danno da fare per ripulire la scena, trascinano il corpo del ragazzo lungo una scarpata e lo abbandonano nei rovi. Quando i carabinieri ritroveranno il corpo il giorno dopo e ricostruiranno la dinamica dell’omicidio, il primo sospetto sarà quello del satanismo. Ma apparirà chiaro poco dopo che il sacrificio consumato su quel poggio deserto è figlio di un tributo a un altro Dio: quello della vendetta.

L’sms e i tentativi di depistaggio

Dopo l’omicidio, la madre di Ismaele, riceve un sms dal telefonino del ragazzo. Il messaggio parla di un viaggio a Milano per “cambiare vita”. La donna ne è sconvolta: quello non è suo figlio. E infatti l’sms partito dal telefono di Isamele è un tentativo di depistaggio dei suoi assassini. La storia non regge, scattano le ricerche. L’indomani il corpo di Ismeale verrà ritrovato visibilmente sfigurato. In pieno luglio, con 30 gradi, la natura e il caldo hanno accelerato la decomposizione del corpo già martoriato.

L’arma del delitto

Che fine ha fatto l’arma del delitto? La coppia di killer ha occultato anche quella? Il coltello a serramanico con cui è stato ucciso Ismaele viene ritrovato a Sestino, un Comune in provincia di Arezzo, su indicazione dei presunti assassini. A condurre gli inquirenti sulle tracce dell’arma, infatti, sarà lo stesso Meta, reo confesso,  individuato pochi giorni dopo insieme al complice. Non lontano, sul greto del fiume Auro a Borgopace, Meta e Mema, faranno ritrovare anche l'iPhone di Ismaele. Il resto delle prove, vestiti insanguinati, scarpe, nastro adesivo sono stati disseminati in un cerchio nel raggio di vari chilometri intorno al luogo del delitto.

La testimone

Ambera, la 19enne fidanzata di Igli che inviò l’sms a Ismaele per attirarlo in trappola non è mai stata indagata per l’omicidio, ma è stata sentita come testimone. "Non sapevo che volesse ucciderlo" dirà ai magistrati.

Roberta Bruzzone: "I nuovi mostri da videogame"

“Lucidi”. Non in preda a un raptus di ira ma consapevoli delle loro azioni. Freddi “come un in un videogame”. Così Roberta Bruzzone, consulente della famiglia della vittima, ha definito l’azione dei due ragazzi.

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