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Stuprata per due anni dal ‘branco’ del figlio del boss: Maddalena aveva solo 13 anni

I genitori si sono appena separati quando Maddalena conosce un ragazzo più grande. Due anni dopo il ventunenne viene arrestato insieme ad altre sei persone, tra cui il rampollo di una cosca di ‘ndragheta. L’accusa è quella di aver violentato per due anni la ragazzina. Come per i fatti del Circeo, anche per la storia di Reggio, le femministe si costituiranno parte civile al processo.
A cura di Angela Marino
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Mélito Porto Salvo, paesino di undicimila anime a quaranta minuti da Reggio, come recitano le guide turistiche è ‘il comune più a sud d'Italia’. Inquadratelo bene, con le sue chiese consacrate alla Vergine, le spiagge che guardano la Sicilia oltre le acque cristalline e il borgo di artigiani: poi mettete da parte questa immagine. In questo angolo di Calabria ai piedi dello stivale si è consumata una storia terrificante.

Foto e ricatti

‘Maddalena', questo il nome con cui la protagonista verrà indicata, ha solo 13 anni quando tutto comincia. Con l'infanzia che sbiadisce alle spalle e un'adolescenza che comincia sotto il segno di un trauma, quello della separazione dei genitori avvenuta quando aveva 12 anni, la studentessa conosce Davide, un ragazzo melitese di vent'anni. Maddalena cerca affetto e protezione, lui però sembra semplicemente in cerca di divertimento, un vecchio cliché che si conclude sempre con un cuore spezzato e un fiume di lacrime. Non stavolta, però, perché Davide va oltre, molto oltre, persuade Maddalena a mandargli qualche foto, così ‘per gioco'. Poi, dietro ricatto di diffondere le immagini la obbliga ad avere rapporti sessuali con altre persone. Tra i suoi ‘amici' c'è anche Giovanni Iamonte, 30 anni, conosciuto in paese per due cose: una è il suo temperamento violento e l'altra è essere il figlio di Remingo, boss di ‘ndrangheta.

Le violenze

Maddalena non ha scampo, diventa il giocattolo di sette ventenni. Maddalena sopporta in silenzio, schiacciata dalla paura per la sua vita e quella dei suoi genitori, ai quali non racconta nulla, ma si fa del male, piange, è spesso aggressiva o taciturna. Le violenze vanno avanti per due lunghi anni, durante i quali la ragazzina si innamora di un suo coetaneo. Il ragazzo viene preso di mira dal branco e ‘dissuaso' con una spedizione punitiva dall'avvicinarla ancora.

Il crollo

Maddalena si sente un oggetto, si odia, la sua frustrazione cresce di giorno in giorno fino a quando non racconta tutto. Lo fa sui banchi di scuola attraverso un tema in cui racconta tutto. Sua madre, all'oscuro dei fatti, ne trova la brutta copia e insieme all'ex marito va a sporgere denuncia ai carabinieri. Dopo due anni di violenze sette ragazzi di Mèlito, tra cui il rampollo della famiglia Iamonte, vengono accusati di violenza di gruppo su minore, detenzione di materiale pedopornografico, violenza privata aggravata, lesioni personali aggravate e atti persecutori aggravati. Sono coinvolti anche il fratello di un agente di polizia e il figlio di un alto graduato dell'esercito.

Tra sdegno e omertà

La notizia, alla quale i media danno grande visibilità, produce una profonda impressione sull'opinione pubblica. A Mèlito viene indetta una ‘marcia silenziosa' contro la violenza sulle donne: sfilano i gonfaloni dei Comuni, le rappresentanze delle associazioni, c'è anche il guidone degli scout. A parte una sparuta minoranza, i melitesi non si fanno vivi e quelli che assistono dai negozi si voltano dall'altra parte. I seicento manifestanti sono quasi tutti provenienti da altri paesi o dall'associazione ‘Libera'. Non c'è solidarietà per Maddalena. Per alcuni lo stupro è causa di imbarazzo, non di sdegno.

L'epilogo

Il processo avrà iniziò mercoledì 11 ottobre 2017, davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria si presenteranno in qualità di imputati Davide Schimizzi, classe 1994 (il fidanzato di Maddalena), Antonio Verduci, classe 1994, Giovanni Iamonte, classe 1986, Pasquale Principato, classe 1994, Lorenzo Tripodi, classe 1995, Daniele Benedetto, classe 1995, Michele Nucera, classe 1994. Mario Domenico Pitasi classe 1992, accusato di favoreggiamento. Come per i fatti del Circeo, dove fu la giovane Donatella Colasanti ad affrontare il processo in un clima ostile di pregiudizi e maschilismo, anche stavolta le femministe si costituiranno parte civile (a titolo simbolico e senza diritto al risarcimento) accanto alla vittima. Le donne della rete antiviolenza ‘Manden' sono pronte a sostenere Maddalena anche fuori dal tribunale qualora la loro associazione non venisse riconosciuta ufficialmente come parte civile: "Vogliamo essere lì per accompagnarla – scrivono – per non farla sentire sola in quello che sarà un processo lungo e doloroso, molto doloroso".

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