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Il percorso di transizione in una foto: il racconto (senza pietismo) di persone transgender

La fotografia come riscatto sociale: transgender e non binary raccontano il loro viaggio verso l’accettazione nella mostra “RI-SCATTI. Chiamami col mio nome”.
A cura di Giusy Dente
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Riccardo Ciardo
Riccardo Ciardo

Dal 7 ottobre al 5 novembre il PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano ospita la nona edizione del progetto di fotografia sociale Ri-Scatti. L'evento è promosso dal Comune di Milano con il supporto di Tod's ed è organizzato per sostenere il lavoro dell’Associazione per la Cultura e l’Etica Transgenere (ACET) e dello Sportello Trans di ALA Milano Onlus. A loro sarà devoluto il ricavato della vendita di catalogo e foto.

Marcella Guanyin
Marcella Guanyin

Transgender e non binary si raccontano in foto

La mostra RI-SCATTI. Chiamami col mio nome si compone di 324 scatti realizzati da 16 persone fra transgender e non-binary, sia AFAB (Assigned Female At Birth) che AMAB (Assigned Male At Birth) di età compresa fra i 20 e i 65 anni. Tutti hanno seguito un percorso formativo di tre mesi sotto la guida di fotografi professionisti, che li hanno aiutati ad esprimersi e raccontarsi. Nelle foto hanno riversato sentimenti, esperienze, sensazioni relativi alle loro vite, alla quotidianità, ai rispettivi percorsi di transizione (e accettazione).

Louise Celada
Louise Celada

La macchina fotografica è diventato il mezzo per rendere visibile e tangibile il loro mondo, fatto di una costante ricerca di affermazione e riconoscimento, fatta con orgoglio e in nome dell'autodeterminazione. Ogni persona coinvolta ha scelto un linguaggio diverso, un'estetica vicina al proprio modo di essere e di sentire. Ecco perché il risultato finale si compone di scatti molto eterogenei. Ci sono immagini cupe, altre con colori vividi in cui si respira serenità, alcune incentrate sul rapporto col corpo e altre che riguardano invece l'ambito familiare.

Mari
Mari

Si spazia dalla paura all'ironia fino alla provocazione. Il focus, insomma, è estremamente personale, frutto di un'analisi soggettiva. Stefano Corso, presidente Ri-Scatti ha chiarito che la finalità era mostrarsi al mondo esterno in una chiave autentica "raccontandosi prima a sé stessi e poi all’esterno, verso quel diritto al riconoscersi e a farsi riconoscere per ciò che si è realmente".

Nico Guglielmo
Nico Guglielmo

Guglielmo Giannotta, presidente ACET, ha specificato che il filo conduttore delle foto è il corpo: "Un corpo politico, che non chiede di essere accettato o convertito, bensì ascoltato e riconosciuto nella sua libertà di autodeterminarsi in quanto tale. Il corpo è mio e decido io: nella varietà delle storie, questa è sicuramente la chiave di volta del prodotto della narrazione collettiva della mostra. Hanno saputo davvero rendere l’arte  politica ma soprattutto sono riuscitə a raccontare le istanze di un movimento che vede le persone trans nell’ottica dell’empowerment e non del pietismo, decostruendo una narrazione sbagliata".

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