Arnaldo Pomodoro, il ricordo della nipote: “Mi disse: oggi la scultura è leggera come un aquilone”

Lo scultore Arnaldo Pomodoro è morto all'età di 99 anni. Negli oltre 50 anni trascorsi da protagonista della scena artistica a livello internazionale, si è imposto con la sua energia creativa, il suo linguaggio fatto di forme e materiali combinati in modo sapiente e articolato (influenzato dagli studi da geometra). Benché sia noto soprattutto per le sue sculture monumentali, esposte in tutto il mondo, ha dato un enorme contributo anche al mondo del teatro, sua grande passione. Ha lavorato come scenografo ad importanti allestimenti: quello de I paraventi di Jean Genet gli è valso il Premio Ubu nel 1990. È stato lui stesso a volere fortemente la nascita della Fondazione che porta il suo nome, che opera per dare ai giovani artisti uno spazio di incontro e confronto. La Fondazione Arnaldo Pomodoro vede la nipote dell'artista nel ruolo di Direttore Generale: Carlotta Montebello, infatti, è la figlia della sorella dell'artista. Nata nel 1995, la Fondazione ha anche il compito di garantire la conservazione e la valorizzazione dell'opera di Pomodoro, una missione che oggi, con la sua morte, diventa ancora più importante. Intervistata da Fanpage.it, il Direttore Generale ha ricordato l'artista.
La Fondazione Arnaldo Pomodoro con che missione proseguirà in sua assenza?
Io l'ho vista nascere questa Fondazione e la sua presenza è stata di grande aiuto proprio per capire anche come affrontare il dopo. Ci ha proprio guidato. Lo statuto non cambia, la missione non cambia, ma come ci ha sempre detto lui; i tempi cambiano per cui bisogna adeguare i pensieri ai tempi, che non rimangono sempre gli stessi. Quindi questo è il grande lascito che lui lascia: io poi mi sento investita di questa responsabilità, ma spero di essere stata una brava studentessa, di aver saputo cogliere in questi anni. Certo, lui era unico. Neanche lui vorrebbe che le cose fossero fatte esattamente come le avrebbe volute lui: perché comunque non c'è più. Però ci ha lasciato delle belle tracce, delle orme da seguire. Lui ha sempre creduto molto nell'evoluzione delle cose: per questo ha voluto fondare la Fondazione. La metto in piedi, la costituisco, facciamo uno statuto che dà una chiara visione della missione: ma i tempi cambiano e le cose vanno adeguate. E questo ci ha veramente permesso come fare a portare avanti il pensiero.

Avendo operato in un arco lunghissimo di tempo sulla scena artistica internazionale, lui che idea aveva dell'evoluzione della scultura?
Ricordo che mi ha colpito un suo pensiero molto recente, risale a qualche anno fa. Eravamo da soli io e lui e mi ha detto: "Carlotta, non è più tempo di scolpire. Oggi la scultura è diventata molto leggera, come un aquilone". Che è vero. Quindi questa è stata l'evoluzione che ha fatto la scultura, detto da uno scultore che ha lavorato il bronzo, un materiale massiccio. Lui 30 anni fa quando ha costituito la Fondazione ha voluto inserire all'interno dello statuto il Premio per giovani scultori, per poterli supportare, nella loro pratica. Le primissime edizioni lui era sempre presente con gli artisti, aiutava e consigliava i finalisti del premio, quindi ha avuto modo di osservare il cambiamento, che l'ha portato poi qualche anno fa a fare questa affermazione. Lui ha visto questo. È sempre stato vicino a loro anche quando insegnava nelle università americane: i giovani per lui sono sempre stati una fonte di curiosità.

Sfera con Sfera è forse la sua opera più famosa…
È la nostra parte più nascosta nostra: fuori tutto liscio e dentro tutto un groviglio.

Oltre al Pomodoro scultore c'era anche un Pomodoro che ha lavorato per il teatro, che era una grande passione…
Per lui quella è stata una grande fatica, però è stato anche il suo modo per sperimentare lui stesso la leggerezza di altri materiali. Il teatro ha in primis dei grossi limiti dettati alla mancanza di fondi. E sapeva di non poter certamente fare una scenografia in bronzo, perché sarebbe stata troppo pesante, così come i costumi stessi. Quindi certo il teatro gli ha permesso di sperimentare nuovi materiali leggeri. È stata la parte del lavoro dove usciva un po' fuori da quello che era il suo rigore, che per lui era fondamentale. Il teatro gli ha permesso proprio di spaziare. Lui si divertiva quando faceva teatro: lì conosci un altro lato del suo lavoro.

Labirinto è forse la sua opera più teatrale: che luogo è, che viaggio è quello nel Labirinto di Pomodoro?
Labirinto è sicuramente un'opera teatrale: è il teatro della vita. È il viaggio nella mente dell'artista, perché di ingresso e di uscita ce n'è uno, quindi è un labirinto metaforico, ricchissimo. Io, che l'ho visto non so quante volte, ogni volta che entro magari per accompagnare delle persone, veramente mi chiedo: "Ma cosa gli passava per la testa?" Quella testa lì non si è mai veramente fermata, nemmeno nel sonno: non poteva, perché c'era troppo.

Qual è il testamento artistico del Maestro?
Le sue tracce sono ovunque, perché le sue opere si incontrano in tantissime piazze nel mondo. E poi lui lascia la sua Fondazione che continuerà a operare e a valorizzare tutto il lavoro che ha fatto, nonché a supportare i giovani scultori. Questo è il suo lascito.