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Squinzi attacca: “Inerzia della politica, abbiamo buttato un punto di Pil”

Il presidente di Confindustria attacca la politica parlando dell’economia italiana ormai in allarme rosso. Dopo il voto “siamo a più di 50 giorni di inerzia totale”, una situazione rischiosa e costosa. E dice: “Chiedo di non vivere in un Paese così”.
A cura di Susanna Picone
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Il presidente di Confindustria attacca la politica dicendo come l’economia italiana sia ormai in allarme rosso. Dopo il voto “siamo a più di 50 giorni di inerzia totale”, una situazione rischiosa e costosa. E dice: “Chiedo di non vivere in un Paese così”.

A parlare della crisi dell’economia italiana è direttamente il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che lo fa usando termini duri nei confronti dei responsabili di tale situazione. Il presidente da Torino ha, infatti, attaccato duramente la politica. Dopo il voto, ha dichiarato, “siamo a più di 50 giorni di inerzia totale” e questo è rischioso e costoso. “Abbiamo contato di aver buttato un punto di Pil”, questo perché ci si è trovati di fronte a quello che Squinzi definisce il “peggior risultato che potessimo immaginare, la vittoria del non governo”. Secondo il presidente di Confindustria nei numeri della crisi vi è nascosta “tutta l’inadeguatezza di un sistema politico che strangola quelle creature che dice di amare e che dice di voler amministrare”. Numeri che per il leader degli industriali sono il frutto del non governo, “della mancanza di quel minimo di responsabilità da parte di tutti di sospendere le ormai più che ventennali ostilità e dare un governo al Paese in un momento così drammatico”.

E la pazienza a questo punto sembra essere decisamente finita. C’è bisogno di un governo che, avverte Squinzi, debba essere di qualità, di alto profilo, di capacità politica elevata. Un governo “che percepisca e sappia interpretare il momento drammatico del Paese”. Che abbia al primo posto dell’agenda il lavoro e le imprese. Dunque viene richiesto rispetto per il lavoro, rispetto per le imprese, poi buona politica in un “Paese dei cittadini e non dei sudditi”. Un Paese che premi il lavoro, la capacità di rischio, e dove la politica sia buona politica. Il leader degli industriali è chiaro: “Cosa deve accadere ancora e di più perché si comprenda la gravità dell’emergenza economica e i rischi, concreti, che stiamo correndo?”, dice da Torino. E lancia un appello alla platea di imprenditori che lo ascoltano: come italiano chiede di non vivere più così.

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